«Ocapitano! Mio capitano», verseggiava il poeta statunitense Walt Whitman nel 1865, dopo la morte del presidente Abramo Lincoln. Eh sì, nella vita c’è bisogno di capitani coraggiosi, e ben lo sa la Roma, che da troppo tempo sta facendo a meno di Daniele De Rossi. Non è un caso, in fondo, che il suo erede designato, Alessandro Florenzi, ieri su Roma Tv lo abbia ritratto così: «Manca tanto, come uomo squadra ma soprattutto come giocatore. Quando lui gioca io faccio sempre una battuta quando vinciamo: “È facile giocare in dodici”. Perché uno come lui sa stare in difesa e farripartire al momento giusto. Tutti lo vorrebbero uno così e speriamo si riprenda presto perché ne abbiamo bisogno».
AL 50 PER CENTO Proprio vero, e tutto ciò che dice Florenzi è supportato anche dai numeri. Infatti, nelle 14 partite stagionali che De Rossi ha saltato finora, per potenziali 42 punti disponibili, la squadra giallorossa ne ha conquistati solo 21, la metà. Sicuramente un problema per Eusebio Di Francesco, che lo ha perduto durante il match in trasferta col Napoli (con la Roma in vantaggio, per poi essere raggiunta) per non riaverlo fino a questo momento, anche se nella partita contro il Genoa in casa – quella decisiva per le sorti dell’allenatore – Daniele volle essere presente in panchina per vivere fino in fondo il suo ruolo da capitano.
ANSIA GINOCCHIO Ma perché questo calvario? La storia è nota. Dalla cisti meniscale al ginocchio destro fino alla lesione della cartilagine, a 35 anni De Rossi ha affrontato la crisi più nera dal punto di vista fisico. Una fortuna, se si considera i tanti anni in cui ha sempre giocato (solo la pubalgia a inizio carriera e il polpaccio, dal 2014 in poi, lo hanno fatto soffrire), una sfortuna, se si pensa che da «vecchi» (calcisticamente parlando) recuperi del genere sono quantomeno più lunghi. «È l’infortunio più grave della mia carriera – ha infatti detto Daniele a Dazn –. Si parla di cartilagine, ho subito una lesione grave. Se si dovesse rompere ancora, a 35 anni, sarebbe gravissimo. Ho ripreso a correre e a calciare, ma sono ancora indietro. Ci vuole tempo».
Proprio per questo il capitano giallorosso sta trascorrendo le vacanze al lavoro a Trigoria, rinunciando al viaggio alle Maldive insieme alla famiglia, che posta comprensibili frasi di nostalgia. Ma il momento è delicato. De Rossi sta facendo di tutto per cercare di tornare il prima possibile, anche sottoporsi ai fattori di crescita che aiutano la cartilagine. Per un problema come il suo, tra l’altro, neppure l’ipotesi chirurgica sarebbe stata da escludere, ma è ovvio che la stagione sarebbe stata quasi compromessa. Un problema in più per la Roma, che per bocca di Di Francesco aveva detto: «Come regista nella rosa ho solo lui». Per questo a Trigoria incrociano le dita, sperando che il problema venga sconfitto in modo semplice, anche se nessuno è in grado di dare certezze sulritorno. E allora, visto che la voglia di giocare del capitano è ancora tanta, nulla esclude che a fine stagione possa affrontare l’intervento per ora evitato.
RINNOVO O PANCHINA Già, perché a De Rossi piacerebbe continuare ancora per un altro anno, e la dirigenza – fisico permettendo – è già d’accordo con lui per il via libera. Logico, però, che tutto dipenderà dalle condizioni fisiche, ed è per questo che il problema al ginocchio è stata una tegola in questo percorso. In ogni caso, il rapporto con la Roma non finirà certo così, visto che il capitano (in un giorno non lontano) sarà in panchina. «Ho il sogno di fare l’allenatore. Eppure, se devo pensare a tutte le cose che dovrei fare, la cosa che mi spaventa di più è quella di dover fare cento interviste a settimana. Mio padre mi dice che fare l’allenatore è bello, ma è un lavoraccio…. Lui è un maestro proprio perché non ha avuto mai l’ambizione di diventare il nuovo Guardiola, Sacchi o Mourinho. Da lui posso imparare tante cose, anche come si sta al mondo quotidianamente. Non so se sarò capace, ma viaggerò e studierò per imparare». Non abbiamo dubbi che la grinta che metterà, sarà la stessa vista in campo. Ed è per questo che, prima della panchina, c’è un appuntamento a cui non vorrebbe mancare, quello col Porto in Champions, con cui c’è un conto aperto. «La partita dei preliminari del 2016 è stata una pagina nera della mia carriera. Sono stato espulso, e quel “rosso” che ci ha penalizzato. È un peso che sento tanto dentro di me. Ecco, adesso rimangono solo loro a dividerci dalle prime otto d’Europa». Morale: se il ginocchio non farà le bizze, De Rossi ha un conto da chiudere col passato. Il futuro, poi, ci sarà tempo per plasmarlo.