Ahia, si è davvero rotto qualcosa. E rimettere insieme i pezzi stavolta non sarà semplice. La Roma completa una nove giorni da incubo e l’en plein al contrario: tre sconfitte consecutive nelle tre diverse competizioni in cui è ancora in corsa (quattro nelle ultime cinque). E se va avanti così, almeno due sono al capolinea. K.o. nel derby di andata di Coppa Italia con la Lazio, k.o. con il Napoli per il primo stop casalingo in campionato dopo 12 vittorie di fila, adesso anche k.o. in casa del Lione negli ottavi di andata di Europa League. Con barometro che tende alla tempesta: perché i giallorossi, dopo un primo tempo in pieno controllo, finiscono per prenderne quattro, con un parziale micidiale di 0-3 nella seconda parte della partita. Dato che porta subito in primo piano il problema principale dei giallorossi: Spalletti può anche negare, ma la squadra è stanca, lenta, persino pigra. E di conseguenza finisce per mollare di testa, rischiando nel finale il tracollo incarnato dal destro all’incrocio di Lacazette che definisce il poker dell’OL, già sfiorato nei minuti precedenti in almeno un altro paio di occasioni. E meno male che Alisson, migliore in campo, riesce a limitare i danni e lasciare aperta una porticina per la qualificazione ai quarti. Fino a una ventina di giorni fa, la Roma sembrava aver eretto un muro infrangibile a protezione della propria porta, ma entrati nella fase decisiva della stagione si sono aperte crepe assai preoccupanti. Lì si è infilato il Lione con la sua rapidità, come avevano fatto Mertens e compagni sabato scorso ma con ancora più sete di sangue.
AVVIO INCORAGGIANTE – E dire che nel primo tempo, contro un Lione apparentemente sprovveduto, l’impressione è che basti giocare con un po’ di testa per passeggiare senza troppe difficoltà al Parc OL. L’inizio è convincente e ottima pura la reazione al gol immediato di Diakhaby (dopo due chance romaniste), su punizione calciata benissimo da Valbuena. Il difensore dei francesi, impacciatissimo, regala il pareggio a Salah per una Roma che si appoggia sul quadrato che Spalletti disegna tra centrocampo e attacco: Nainggolan affianca Strootman appena davanti a De Rossi in versione quarterback, e di fronte a loro viaggiano Salah e Dzeko. Tra sponde, scatti in profondità e inserimenti, la Roma sembra poter far male quando vuole. E ci riesce con Fazio di testa appena oltre la mezzora. I due mediani avanzati complicano inoltre l’avvio azione del Lione, difficoltoso già di suo, e i francesi riescono a combinare qualcosina solo quando riescono a giocare nello stretto al limite dell’area avversaria. Niente di preoccupante, sembra. Tutto perfetto, tutto liscio, per la Roma. Solo che dura 45’, quelli in cui gli spallettiani riescono a tenere di più il pallone.
ATTEGGIAMENTO – Poi, infatti, l’atteggiamento cambia. La Roma arretra il baricentro, diventa troppo passiva, ed è un misto tra le gambe che non girano (manca sprint) e testa che molla (manca aggressività). Non ci sono più raddoppi sulle fasce, dove i terzini lionesi arrivano sempre, non c’è più la capacità di tenere lontani i folletti di Genesio, non c’è mai recupero palla oltre la propria trequarti, ma solo passività. Così i piedi buoni dell’OL, sempre molto vicini nel 4-2-3-1, diventano schegge imprendibili per i giallorossi. L’immediato 2-2 di inizio ripresa — scambio a velocità fibra ottica tra Lacazette e Tolisso — mette in pendenza il prato verso la porta di Alisson. Un contropiede quattro contro due sprecato subito dopo è l’ultimo segnale di vita della Roma.
CAMBI? – Spalletti assiste impassibile: De Rossi non riesce più a chiudere, Strootman boccheggia, Nainggolan non ha un pizzico della solita dinamite. Ma niente. Genesio invece mette dentro Fekir e quello che era diventato un assedio diventa sorpasso, proprio con Fekir, che passeggia tra tre difensori giallorossi. I cambi arrivano quando è tardi, e non servono nemmeno a dare una scossa: Lacazette si inventa il poker nel recupero. La Roma è stanca, di testa e di gambe. E quasi fuori.