«Mancano 15 giorni, poi saprete tutto». Sono quelle due settimane che separano dalla fine del campionato e Luciano Spalletti dall’inizio del suo futuro. Quindici giorni in cui il tecnico toscano dovrà chiarire le sue scelte (anche se a molti sembrano già definite) e la Roma decifrare le sue. Quindici giorni, però, in cui Spalletti proverà a portare la Roma in quel porto che si chiama Champions League (diretta), per poi scegliere e – magari – togliersi anche qualche piccolo sassolino dalle scarpe. E in cui la Roma può iniziare a programmare un futuro che, con l’eventuale ritorno nella massima competizione europea, sarebbe sicuramente più roseo e sorridente. Del resto, in questo girone di ritorno i giallorossi hanno collezionato la bellezza di 40 punti (appena tre meno del Napoli e altrettanti più della Juve), potenzialmente 46, sarebbero esattamente gli stessi punti del ritorno della scorsa stagione (quando Spalletti prese la squadra proprio alla prima di ritorno).
ATTESA – A Trigoria la questione-allenatore tiene banco da un po’, diciamo da qualche mese. Anche la dirigenza giallorossa si chiede, si interroga. E parla, sonda, cerca di capire quale può essere la strada migliore per il futuro. Con il nuovo d.s. Monchi che è stato molto chiaro («Io voglio andare avanti con Spalletti e proverò a fare di tutto per convincerlo a restare») e l’a.d. Umberto Gandini che ieri ha toccato l’argomento così: «Siamo sempre rimasti d’accordo con l’allenatore di sederci al tavolo alla fine del campionato per definire i progetti futuri. Se Spalletti resterà con noi come speriamo, benissimo. Altrimenti avremo delle soluzioni pronte. Stiamo pensando anche al dopo, non siamo abituati a farci trovare impreparati. Confidiamo di trovare un punto d’accordo con lui, ma non dovesse succedere abbiamo l’obbligo di guardare anche da altre parti». Fermo restando che se Spalletti dovesse battere Chievo e Genoa, stabilirebbe il record assoluto di punti della Roma nei tornei a 20 squadre (87).
TRIADE – Ma quali sono le idee in testa alla dirigenza giallorossa nel caso in cui Spalletti tra 15 giorni comunicasse davvero alla società di voler andar via? A Trigoria gira da tempo un identikit: tecnico italiano o, per così dire, «assimilabile». Nel senso uno che conosca già bene il campionato italiano, la materia, le dinamiche del nostro calcio. Ecco perché per un po’ la candidatura di Vincenzo Montella aveva preso piede, nonostante i rapporti non eccellenti con qualche dirigente giallorosso. Montella però resterà in rossonero ed allora ad oggi la triade di nomi su cui si sta ragionando sono quelli di Emery (Psg) per il suo alto profilo internazionale, Di Francesco (Sassuolo) per l’ottimo lavoro che ha già dimostrato di saper fare con i giovani e Paulo Sousa (Fiorentina), che domenica era all’Olimpico per assistere a Roma-Juventus e che molti hanno visto prendere appunti in modo molto interessato. Lui, per esempio, sarebbe un perfetto «assimilato», visto che sono oramai due anni che allena in Italia e che qui ci ha passato anche alcune stagioni da calciatore (tra Juventus, Inter e Parma).
NUMERI DOC – A meno che, poi, Spalletti non realizzi un colpo a sorpresa e non comunichi la sua disponibilità alla Roma per poter firmare il rinnovo contrattuale. Difficile, molto difficile allo stato attuale. Con l’Inter che, polvere o non polvere, è sempre lì alla finestra che lo tenta per potenzialità economiche e progettualità. Dall’altra parte, però, c’è la Roma, appunto. Volente o nolente, un pezzo del suo cuore. E della sua storia calcistica da allenatore, tra la prima e la seconda esperienza. Da quando è tornato alla guida della Roma, Spalletti in campionato ha portato a casa la bellezza di 127 punti in 55 gare, alla media di 2,3 per partita. Un’infinità, un cammino difficilmente replicabile anche in futuro. Ecco, forse questa è la controindicazione. Fare di più, almeno in campionato, vorrebbe dire vincere. E Spalletti se la sente davvero di accettare questa scommessa?