C’erano una volta le comproprietà, due squadre che si spartivano una metà ciascuno dei giocatori per dilazionare le spese e poi, con calma, decidevano una volta per tutte di chi era il cartellino. Uno strumento ormai fuori dai tempi e rimasto in vigore solo in Italia fino al 2015, quando si è deciso di abolirlo. Ecco, da ieri è come se fossero rinate le cosiddette «compartecipazioni», come venivano chiamate in gergo tecnico: Roma e Sampdoria hanno trovato una laboriosa e inedita formula per il trasferimento di Schick che ricalca, con le dovute differenze, lo stesso meccanismo.
Al momento i giallorossi prendono l’attaccante in ceco in prestito per 5 milioni, gli unici a gravare sull’attuale bilancio, poi saranno obbligati a riscattarlo a titolo definitivo versandone altri 9. E siamo a 14 milioni, ai quali vanno aggiunti bonus legati al raggiungimento di obiettivi da parte della Roma e di Schick (quasi tutti «facili») per un massimo di 8 milioni di euro. Un investimento da 22 milioni, quindi, che in sostanza va però a coprire solo la metà del valore del cartellino: se il club di Pallotta deciderà di vendere il ragazzo entro il 1° febbraio del 2020, infatti, dovrà riconoscere alla Samp il 50% del prezzo di cessione, con un minimo garantito di 20milioni. E quegli stessi 20 milioni la Roma dovrà girarli a Ferrero qualora decidesse di tenersi Schick fino a quella data. Si arriva così a complessivi 42 milioni di euro, la valutazione data all’attaccante che lo rende il più caro di sempre nella storia del club giallorosso. Interpretando i ragionamenti fatti da Monchi e immaginando i futuri scenari, si può già dire quindi che il talento di Praga resterà quasi certamente nella Capitale per tre stagioni: non avrebbe senso spartirsi un’eventuale plusvalenza con la Samp, tantomeno incassare meno di quanto spetterebbe ai doriani in caso venisse venduto a una cifra inferiore a 40 milioni. Perché se ad esempio l’attaccante fosse venduto prima di febbraio 2020 a 35 milioni, 20 andrebbero nelle casse dei blucerchiati e solo 15 nel forziere di Pallotta. Insomma Schick è il presente e il futuro della Roma.
Ora Di Francesco dovrà provare a farlo convivere in campo con Dzeko, in prospettiva sarà l’erede del bosniaco. «Sono mancino – ha spiegato ieri Schick – ma mi trovo a mio agio anche sulla fascia destra. Preferisco il ruolo da centravanti, ma posso giocare anche esterno». Le visite mediche a Villa Stuart le ha superate brillantemente e la Roma era talmente tranquilla da fargli firmare prima il contratto quinquennale a circa 2.3 milioni di euro netti a stagione. I problemi cardiologici (un’aritmia benigna) sembrano solo un ricordo, anche se dovrà attendere gennaio per ottenere l’idoneità definitiva: il protocollo prevede questo. Nel pomeriggio è ripartito per Genova dove ha organizzato il trasloco, oggi sarà di nuovo a Trigoria (dove ieri ha fatto solo palestra) per il primo allenamento con i nuovi compagni nella seconda seduta di giornata in programma dopo la conferenza di presentazione. Venerdì l’esordio all’Olimpico nel test con la Chapecoense.
«Sto bene – ha aggiunto Schick al canale tv del club – non vedo l’ora di iniziare: per me la Roma è una squadra importante, apprezzo l’allenatore e il suo sistema di gioco. È la scelta ideale per me». Con tanti saluti a Juve, Inter, Napoli e Psg Monchi lo definisce «uno dei calciatori di maggiore prospettiva nel calcio internazionale» e ora, negli ultimi due giorni di mercato, è pronto a cogliere eventuali occasioni allettanti per acquistare un difensore. Ma fino a ieri, almeno, non ne è spuntata nessuna. Tra l’altro la Roma prenderebbe un altro centrale solo vendendo uno di quelli in rosa e non c’è aria di partenza per nessuno. Neanche per Fazio, di cui Di Francesco si sta pian piano «innamorando». A parte le cessioni di contorno, o un possibile ritorno di fiamma del Torino su El Shaarawy, il mercato della Roma si dovrebbe chiudere con Schick. Ed è un gran finale.