Ehi, piano con i processi. La Roma non è un imputato e non è ancora neppure iscritta al registro degli indagati. Altrimenti non si spiegherebbe la meravigliosa vittoria di San Siro che risale a soli sette giorni fa. Eppure il derby infrasettimanale e la sconfitta contro il Napoli alimentano i primi malumori su un’intelaiatura bella ma delicata, le prime incertezze su una stagione che in alcuni tratti è stata esaltante ma adesso può scivolare via per un paio di leggerezze. In appena 66 ore – tante ne sono passate tra una partita e l’altra – l’entusiasmo ha lasciato il posto allo scoramento e alla paura. Cosa sta succedendo, signor Spalletti? La condizione fisica di alcuni giocatori, un momento di involuzione atletica generale, la rosa ristretta che suggerisce rotazioni limitate (ma ieri c’erano cinque titolari diversi rispetto alla Lazio), la carenza di personalità nei momenti decisivi: un po’ tutto contribuisce alle difficoltà di questa fase, in un minestrone nel quale è difficile distinguere i sapori. Di sicuro tre sconfitte all’Olimpico in dieci giorni, e tre partite perse delle ultime quattro, impongono un’analisi e una riflessione, prima che sia troppo tardi per rimediare. Ricky Massara, direttore sportivo scelto dal club come portavoce dopo Roma-Napoli, assicura che «i nostri obiettivi non cambiano, vogliamo conquistare almeno un trofeo». Sì ma quale? Giovedì si riparte con l’Europa League, contro un avversario scorbutico come il Lione, al livello degli ottavi: è presto per dare per scontato il volo a Stoccolma per la finale. La Coppa Italia è gravemente compromessa con lo 0-2 di mercoledì, anche se Spalletti ha garantito che la Roma abbia il 30 per cento di possibilità di eliminare la Lazio. E per pensare alla rimonta scudetto beh, con la Juve che oggi può volare a +10, francamente non basta essere ottimisti: serve un’indole da visionario del pallone. Insomma: la Roma si guarda dentro per scongiurare altri capitomboli, specialmente europei. Al sesto anno da proprietario, James Pallotta si aspetta finalmente di raccogliere un po’ di gloria oltre alle plusvalenze.
IL FISICO – Massara ipotizza che sia subentrata un po’ di stanchezza, Spalletti invece chiede di evidenziare gli ultimi minuti che testimonierebbero il contrario. Ogni opinione è lecita ma non deve ignorare lo sviluppo della partita: anche il Napoli, tra la Juventus e il Real Madrid, può avere accusato una flessione sul 2-0 e aver concesso alla Roma di risalire con la forza dei nervi. Di sicuro, la condizione generale della Roma, fisica e atletica, non è delle migliori: alcuni calciatori giocano praticamente sempre, da Dzeko a Nainggolan, da Strootman a Fazio, e in seguito all’ipersfruttamento entrano in campo con le scorie dell’impegno precedente, che è troppo ravvicinato per non incidere: ieri ad esempio Fazio ha giocato con un problema muscolare, che forse spiega la sequela di errori che rappresentano un unicum nella sua stagione quasi immacolata. Anche Nainggolan si porta dietro spesso qualche acciacco a cui reagisce con la solita generosità. De Rossi poi per una questione di età e logorio non può giocare più di due partite a settimana e in un ciclo così intenso finisce con il pagare dazio. E Salah, spremuto dopo la Coppa d’Africa, non ha avuto il tempo di sottoporsi a un numero consistente di allenamenti per tornare in forma.
LA TESTA – Il fortino Olimpico è stato scassinato: dopo 16 vittorie di fila in campionato, la Roma ha perso in casa riaprendo una scia di ricordi piuttosto fastidiosi. Dall’arrivo di Spalletti, la squadra ha sbagliato una serie di partite decisive proprio davanti ai propri (pochi) tifosi, che ieri mattina erano andati in mille a spronare i giocatori a Trigoria: 0-2 contro il Real Madrid negli ottavi di Champions League 2015/16, 0-3 contro il Porto nel playoff di agosto, 0-2 nella semifinale-derby, 1-2 nello scontro diretto che avrebbe potuto vidimare con il pennarello indelebile il secondo posto. Evidentemente la Roma sta procedendo nel suo sentiero verso la maturità ma non ha ancora assorbito, nell’anima, la necessaria personalità. Lo ha confermato lo stesso allenatore, denunciando una carenza di coraggio nella scelta delle giocate. In effetti questo atteggiamento, quando le partite non girano nel verso giusto, si nota: la ricerca del passaggio orizzontale che allunga i tempi del possesso palla consentendo all’avversario di sistemarsi, il lancio lungo con preghiera annessa a Dzeko, la scarsa concentrazione difensiva. A tutto questo si devono aggiungere le mosse e i cambi di Spalletti che non hanno convinto né contro la Lazio, né contro il Napoli: succede.
LA ROSA – Era prevedibile. Di più: la Roma lo aveva proprio previsto. Con una rosa incompleta, o comunque ristretta, fatalmente sarebbe capitato un periodo di affanno, acuito dalla grave ricaduta di Florenzi capitata a mercato già chiuso. C’è troppa differenza tra i titolari e le alternative, almeno nelle idee di Spalletti. Nainggolan ha superato ieri quota 3.000 minuti in stagione mentre un centrocampista pagato 19 milioni, Gerson, non gioca da due mesi e mezzo e si è fermato prima di Natale a quota 491 minuti. Vermaelen e Mario Rui, tormentati da problemi fisici, hanno dimostrato contro il Villarreal di essere inadeguati al momento: e infatti hanno giocato rispettivamente 596 e 321 minuti. Nel periodo più intenso di partite Spalletti ha capito che esiste un rendimento, quello dei 15-16 giocatori che hanno un certo minutaggio, e poi ce n’è un altro, quello delle riserve, che non hanno la possibilità di essere testati con continuità perché l’esigenza di risultati immediati non lo permette. Colpisce in particolare che l’unico rinforzo di gennaio, il francese Grenier, nemmeno utilizzabile in Europa League, in un mese e mezzo abbia giocato solo pochi secondi contro la Fiorentina. Perché è stato preso se Spalletti aveva chiesto ai dirigenti un giocatore pronto subito?