Ce l’hanno fatta. Dopo quarantotto ore da incubo, lo stadio che ballava, il futuro stesso aggrappato al nulla, le parole del presidente James Pallotta che profetizzavano per la Roma ben che andasse anni di carestia, nel peggiore dei casi il naufragio nella mediocrità. Invece faranno lo stadio e lo faranno a Tor di Valle. Il muro contro muro tra il club e il Movimento 5 Stelle che amministra Roma si è concluso con il più sano dei pareggi. Ma è stata una partita lunga e intensa. Riassunta qui sotto.
ORE 8.30 – Comincia il gioco dei quattro cantoni, o meglio dei quattro orari diversi. Il Campidoglio cerca di neutralizzare la manifestazione dei tifosi della Roma in favore del progetto stadio. L’incontro a Palazzo Senatorio tra il club, il costruttore e i vertici della maggioranza del Movimento 5 Stelle che amministra la città, previsto per le 17, viene anticipato alle 16.
ORE 11 – Il colpo di scena. Il sindaco Virginia Raggi è in ospedale. E’ stata ricoverata al San Filippo Neri per accertamenti dopo aver accusato un malore a casa di prima mattina. Viene annullata una conferenza stampa che il primo cittadino avrebbe dovuto tenere in Campidoglio. Invece resta confermato l’incontro con i proponenti dello stadio della Roma.
ORE 13.14 – Primo bollettino medico emesso dall’ospedale: «Sono stati eseguiti gli accertamenti necessari. Le condizioni della sindaca sono in netto miglioramento, Sarà mantenuta in osservazione e verrà valutata la dimissibilità nelle prossime ore».
ORE 13.22 – Massimo Magnanti, direttore del pronto soccorso del San Filippo Neri, legge un ulteriore bollettino: «Sono stati eseguiti gli accertamenti clinici e diagnostici necessari e non sono state riscontrate alterazioni significative». Il sindaco è rimasto in contatto telefonico con il Campidoglio e a quanto trapela intende partecipare comunque alla riunione sullo stadio.
ORE 14.30 – La riunione viene posticipata prima di mezz’ora, poi, più prudentemente, di un’ora. Si torna alle 17. In teoria, questi slittamenti dovrebbero permettere alla Raggi di essere presente al vertice. I medici del San Filippo Neri hanno ovviamente l’ultima parola in merito.
ORE 15.05 – Interviene anche Radja Nainggolan nel dibattito, parlando a Sky: «Penso che uno stadio di proprietà sia il nuovo ciclo del calcio, penso che in Italia ci siano troppi impianti vecchi. Una squadra come la Roma deve avere uno stadio suo, una nuova casa che porterebbe risultati ancora migliori».
ORE 16 – Il sit-in programmato dai tifosi della Roma attraverso una convocazione sui social network viene reso difficoltoso dalla pioggia. Si raccolgono comunque circa in 50 sotto il Palazzo Senatorio. «Sì, allo stadio, basta melina», recita lo striscione tenuto a braccia. E partono i cori indirizzati al sindaco: facciamo questo stadio e frasi analoghe, nessun insulto in questa fase. Nel frattempo la riunione viene ancora posticipata. La ragione ufficiale: la Raggi vuole essere presente a tutti i costi ma è ancora in ospedale. Nuovo orario 18.30, subito cambiato in 19.
ORE 16.40 – Tifosi della Roma continuano ad aggiungersi a quelli già presenti. Cori sempre più intensi. Il malumore nei confronti dell’amministrazione comincia a farsi sentire.
ORE 17.56 – Virginia Raggi lascia l’ospedale e si dirige verso il Campidoglio.
ORE 18.30 – Ormai c’è un centinaio di tifosi della Roma raccolti in Piazza del Campidoglio. Manifestano pacificamente, anche se qualche coro più aggressivo prende a volare. Sono in gran parte tifosi non giovanissimi, mentre la protesta non sembra avere attecchito tra i ragazzi dei gruppi organizzati. Oppure anche in questo contesto pesa la freddezza tra sostenitori e club nata con l’introduzione da parte della prefettura delle barriere in curva.
ORE 18.55 – Arriva in Campidoglio il sindaco Virginia Raggi, evitando la ressa. Non entra dalla classica scala di Palazzo Senatorio, bensì dal lato della Sala della Protomoteca, pronta nonostante il malore accusato a tenere le briglie di una riunione che si preannuncia calda. Con lei c’è il vicesindaco Luca Bergamo, che l’aveva seguita in ospedale.
ORE 19.30 – Ulteriore ritardo per l’inizio della riunione. La delegazione della Roma, guidata dal direttore generale de club Mauro Baldissoni, non è ancora arrivata in Campidoglio. E’ invece in riunione allo studio legale Tonucci & Partners, vicino a Piazza del Popolo.
ORE 19.40 – Dura ormai da ore la riunione tra Baldissoni, il costruttore Luca Parnasi e il presidente della Roma, James Pallotta, collegato in videoconferenza. Si stanno limando dettagli e parole della proposta da presentare al Comune per ottenere il via libera allo stadio. Una modifica radicale del progetto modellata sulle indicazioni dell’amministrazione che, spera la Roma, può segnare la svolta. A sua volta, la Raggi è impegnata in un vertice di maggioranza. Nel frattempo, in omaggio alla sicurezza restano accese le luci di Piazza del Campidoglio, che avrebbero dovuto essere spente alle 19 nel quadro di un’iniziativa sul risparmio energetico.
ORE 20.10 – Terminata la riunione allo studio Tonucci: un incontro fiume in due puntate, dalla fine della partita con il Villarreal di giovedì sera all’una di notte e poi ancora da ieri mattina. La delegazione della Roma si è spostata presso lo studio che cura la comunicazione del progetto, in Piazza Santi Apostoli, a pochi passi dal Campidoglio, in attesa di essere convocata. Sotto Palazzo Senatorio la folla dei tifosi si è assottigliata, ma un nutrito gruppo di irriducibili resiste sotto la pioggia. La Digos li sorveglia da vicino, anche se non tira proprio aria di disordini.
ORE 21.20 – Arrivano, alla fine. Baldissoni, Parnasi, i loro consulenti. Dentro il Campidoglio, la Raggi e i vari consiglieri si sono confrontati con toni anche duri. Perché in Comune tutti devono essere d’accordo sulla risposta da dare alla Roma, che sia un sì o un no. Bisogna mettere un punto a questa storia allucinante. La nuova proposta del club arriva a tagliare le cubature molto più del 25% inizialmente previsto. Fino al 60% del business park, cioè della parte commerciale: si arriva in totale a 550.000 metri circa rispetto agli 1.100.000 di partenza, sottolinea la Raggi. Si implementano tutte le istanze avanzate dai 5 Stelle nel corso di queste torride settimane: limitato al massimo l’uso del cemento nelle costruzioni attorno allo stadio, più vetro e metallo, un’attenzione maniacale all’ambiente. Le costruzioni saranno di standard energetico A4, il migliore che ci sia. Questo è abbastanza facile: sin dall’inizio il progetto brillava per ecosostenibilità. Ma poi c’è praticamente l’abolizione delle torri di Daniel Libeskind, che diventano palazzi di statura media. Su una questione non può esserci trattativa: lo stadio e il resto devono sorgere a Tor di Valle. Vengono conservate tutte le opere di mobilità e di contorno previste, compreso il parco fluviale, compresa una nuova stazione per la Roma–Lido: restano fondamentali per il mantenimento dell’interesse pubblico così com’è. Solo il ponte con svincolo sull’autostrada Roma-Fiumicino viene non cancellato, bensì, come si dice in gergo urbanistico, fasizzato: verrà realizzato in un tempo successivo all’apertura dello stadio. E poi impianti sportivi inseriti nel complesso, i cittadini chiamati a votare sulla destinazione d’uso degli spazi verdi. I proponenti si preparano a chiedere l’ultima proroga possibile della conferenza dei servizi. Dovrebbe essere di un mese, potrebbe essere al massimo di due. Perché ci sono documenti da ratificare, quasi un progetto nuovo da stilare. Sempre meglio che imbarcarsi in cause e sottigliezze da tribunali di ogni ordine e grado dalla parte della Roma, sempre meglio che rischiare di rimanere inchiodati alle proprie inadempienze dalla parte del Comune. Comune che, a proposito, deve effettuare una “novazione di delibera”: l’escamotage individuato per evitare di ripartire daccapo con tutto l’iter e una nuova conferenza dei servizi. Perché i trabocchetti burocratici sul cammino sono ancora parecchi, primo tra tutti il vincolo imposto dalla sovrintendenza sulla tribuna di Tor di Valle e sulla pista. Dovrebbe essere disinnescato dal parere positivo unico dello Stato: difficile non arrivi, a questo punto. Il cammino è lungo, l’apertura dell’impianto è prevista per la stagione 2020- 21 con ampia facoltà di anticipare di un anno, però il patto di ferro stretto tra il club e l’amministrazione comunale, la terza che prende in mano il progetto, appare ormai una garanzia.
ORE 22.29 – E scusate la pedanteria: è l’ora esatta in cui la Raggi e Baldissoni escono insieme dal Campidoglio. Non prima di una telefonata in inglese tra il sindaco e Pallotta: ringraziamenti e complimenti reciproci, «Questo progetto non è che mi piaccia, lo amo proprio», dice la Raggi. «I don’t like the project, I love it». Malore o non malore, è anche la serata di gloria personale del sindaco che fino a ieri faceva la spola tra l’angolo delle corde e la berlina. Questa volta è stata applaudita dagli irriducibili, le decine di tifosi rimasti fino alla fine a infradiciarsi per conoscere il destino dello stadio e in parte della Roma. Uno stallo assurdo è venuto meno e questa città non rinuncia a un progetto vitale. Lo corregge soltanto. Può andar bene, coi tempi che corrono.