Che nulla sia più lo stesso te ne accorgi cambiando canale, guardando la Champions, la Premier, le Nazionali, la B. Dove insomma la Var non c’è, perché in fondo è sempre così: devi comprendere l’assenza per capire la presenza. Ci fai caso durante quegli interminabili attimi che seguono un fallo in area, un fuorigioco dubbio, una mischia, un gol. È cambiato perfino il modo di esultare, in serie A: dei tifosi, dei giocatori, è diverso perfino il linguaggio di chi la racconta alla tivù. Qualche pausa in più, ma anche molte polemiche in meno. Prima bastava un’occhiata al guardalinee, se correva verso il centrocampo era fatta, ora è tutto più diverso, spesso occorre aspettare i minuti: un’attesa a volte eccessiva che però viene ricompensata dalla certezza della sentenza, perché poi la decisione è (quasi) sempre corretta. La dilazione della gioia l’ha spiegata be- ne De Rossi: «Adesso quando segni non sai cosa fare, rischi di fare la figura del cretino». A 70 giorni dal suo battesimo e 69 partite dopo, la video assistenza seguita a dividere, e fra l’entusiasmo del c.t. Ventura («ha risolto il 95% dei problemi») e la stroncatura di Zeman («non è utile ) spiccano infinite posizioni intermedie («da usare meno e meglio») che vanno tutte accolte, data la natura sperimentale dell’innovazione più impattante degli ultimi 25 anni.
Ma un dato la dice lunga, a squadernarlo è il presidente federale Tavecchio: «In 7 giornate ha commesso un solo errore e, nonostante i ritardi, fa giocare in media 1’50’’ in più rispetto a prima». Quello che è meno visibile è come la tecnologia stia incidendo non sulle decisioni bensì proprio sul modo di giocare, di stare in campo, insomma sul calcio stesso. Marco Giampaolo non ha dubbi: «La Var è l’invenzione del secolo, migliorerà il nostro modo di giocare, ci farà diventare più bravi, più velocemente di quanto immaginate». La spiega così, l’allenatore della Samp: «Con la moviola si può giudicare diversamente in area, quindi aumenteranno i rigori assegnati: tutto ciò porterà le squadre, grandi e piccole, a interpretare la gara in maniera diversa, a difendere più lontano dall’area, a giocare di più. Migliorerà lo spettacolo e quindi il gioco». Detto che il suo omologo genoano Juric la pensa uguale («farà bene al gioco»), i numeri confermano: 33 rigori assegnati, sbriciolato ogni record. «E infatti sta cambiando anche il modo di marcare, pian piano si tende a stare più lontani dall’attaccante proprio perché sai che se gli tiri la maglia o gli dai un calcetto alla fine ti beccano» replica Beppe Bergomi con un tono che lascia pochi dubbi sulla sua opinione in merito: da ex difensore, è un guaio. Che però ha un’altra faccia della medaglia: i rigori te li danno più facilmente, e va bene, ma più facilmente ti tolgono quelli che non ci sono. Cambiano gli stopper e pure gli attaccanti: sono praticamente spariti i simulatori, fin qui due sole ammonizioni. Tu ti butti, io ti trovo. Se il centravanti dell’Inter degli anni ‘70 Roberto Boninsegna ci ride sopra, «una volta il tuffo era un’arte mentre oggi è meglio stare in piedi e cercare il gol», Marcello Nicchi si frega giustamente le mani: «Un malcostume estirpato».
Sulla questione il presidente degli arbitri s’è battuto per anni giocandola invano sull’etica: decisiva, come sempre, è stata però la certezza della pena. Ma sono crollati i gialli in generale, 230 contro i quasi 300 di un anno fa, un’enormità: meno falli violenti, meno proteste plateali. «E anche il clima sugli spalti è nettamente diverso, siamo tutti più sereni» è l’opinione di Montella, allenatore del Milan. Anche Cairo, patron del Toro, che pure di certo dalla moviola non è stato avvantaggiato, parla di «grande innovazione». In- somma, a parte alcune rare eccezioni come quella — rumorosa — della Juve, la quale per lo strumento nutre una nota antipatia, i «mi piace», magari con riserva, sono di più. Molti di più. Il resto sono chiacchiere. Non da Var.