Non hanno alcun motivo di amarlo, a Napoli. Vedi Diego Perotti e rischi lo svenimento, i tifosi ragionano così e lui con quella faccia da fotografo di funerali sembra ci abbia gusto a essere temuto. Intanto all’ultimo respiro del campionato scorso ha fucilato di sinistro nella porta del Genoa il gol che ha dato il secondo posto alla Roma e incatramato Sarri al preliminare di Champions League. Che fa sempre amaro dover superare, anche se ormai per il Napoli è acqua felicemente passata. E quasi tre mesi prima si era sforzato di mandare in depressione i tifosi medesimi che da uno 0-2 splendente e sereno all’Olimpico si sono trovati a fissare grati la traversa. Prima assist di Perotti per il gol di Strootman, quindi tiro dell’argentino deviato due volte fin sul palo orizzontale, la seconda da un Reina diventato lungo il doppio per quello che al momento è il miracolo più simbolico della sua carriera di portiere. Paradossalmente Perotti al Napoli non ha mai segnato, a differenza di El Shaarawy che agli azzurri ne ha già fatti due. Eppure i gol passano di mente, gli incubi da svegli molto meno. Dunque Diego, che porta con orgogliosa ironia il nome dell’argentino napoletano più famoso di ogni tempo perché il padre e il Pibe erano amici di sangue, è un’arma psicologica più efficace di El Shaarawy. Così pensa Di Francesco, per consolarsi dell’infortunio improvviso del suo Faraone preferito.