Al peggio non c’è mai limite. E chissà cos’altro dovremo aspettarci, da qui alla fine della stagione, nelle prossime conferenze stampa di Luciano Spalletti. Come in un crescendo rossiniano, aumentano di volta in volta le accuse e l’insofferenza verso i media e i suoi interlocutori. Un brutto vedere e soprattutto un pessimo sentire. In particolar modo perché le accuse vengono generalizzate verso un’intera categoria. Assolutamente non all’altezza di un bravo e stimato allenatore qual è Spalletti, ma neanche della Roma che in questo momento rappresenta. Immaginare che quanto stiamo vedendo possa accadere in altri club appare difficile. Stupisce molto il silenzio della società nei confronti di un simile atteggiamento. Delle due l’una: o non ha la forza d’intervenire sul proprio tecnico; oppure, dando per scontata la sua partenza a fine campionato, assiste alla graduale lacerazione del rapporto.
Il conflitto tra Spalletti e parte dei giornalisti non può e non deve essere comunque l’alibi per il divorzio di fine stagione. Sarebbe troppo facile e quindi inaccettabile. Avvelenare l’ambiente in questo modo non è producente soprattutto per la squadra. Da un allenatore verbalmente straripante, a un presidente che una ne fa, cento ne pensa. Da anni tessitore di strategie “politicocalcistiche” Lotito ha estratto dal suo cilindro l’ennesima idea (provocazione). La sua candidatura a presidente della Lega di B si presta a varie letture. Da quella che vorrebbe Lotito alla ricerca di un posto sicuro in Consiglio Federale, a quella di provare a mettere pressione sui presidenti di Serie A. In particolar modo verso quelli propensi a un cambiamento della Lega, infastiditi dal suo eccessivo e ingombrante attivismo. Dopo le due assemblee programmate per il 22 e il 25 prossimi ne sapremo certamente di più.