Beati gli inglesi. Hanno inventato il calcio. Hanno inventato il fairplay. Non sono come noi, sempre pronti ad azzuffarci su tutto, da un rigore non concesso alla statura politica di Di Maio. Così Paul Scholes ci è rimasto male quando Mourinho gli ha risposto con un colpo sotto la cintura. Scholes, commentatore tv, aveva detto che il Manchester United sta giocando male. Scholes ha giocato 19 stagioni con quella maglia, per i tifosi era “Silent hero”, l’eroe silenzioso. Non solo aveva il diritto di dire quello che pensava, ma anche il dovere. Un opinionista, da quelle parti, è pagato per dare opinioni, non per spacciare aria fritta. Replica di Mourinho: «Scholes è stato un grande giocatore ma adesso sa solo criticare, che è diverso da commentare. Dovesse fare il mio lavoro, gli auguro di vincere il 25% di quello che ho vinto io: il 25% di 25 è 6, niente male». Ma che risposta è? Una non risposta, in pieno stile Mourinho. Fa tornare in mente un’uscita del Berlusconi fresco di discesa in campo: «Ma questo Spaventa, quante Coppe dei campioni ha vinto?». Altra caratteristica di Mourinho è quella di lanciare frasi senza fare nomi, anche se non è difficile immaginare i destinatari. A un giornalista che gli chiede perché sia così tranquillo in panchina risponde che lui non ha bisogno di fare il clown lungo la linea laterale per dimostrare il suo attaccamento al lavoro. Con chi ce l’ha? Quelli che si agitano di più in panchina sono Klopp e Conte, giusto? Klopp non risponde. Conte sì: «Forse Mourinho ha dimenticato alcuni suoi comportamenti del passato. Questa si chiama demenza senile». Si alzano i tuoni, i toni, i tonni no, ma l’acqua ribolle. Sempre senza chiamarlo per nome ma definendone la funzione (altra caratteristica dialettica di Mourinho) ecco la replica del portoghese: «Non occorre che l’allenatore del Chelsea mi ricordi i miei errori, ho sbagliato e sbaglierò ancora, lo so da me». Prima regola: rimettere a posto l’interlocutore ma usando toni dimessi, quasi umili. Poi piazzare la botta: «La cosa che mi sento di dire è che io non sarò mai squalificato per le scommesse. In ogni caso non stavo parlando dei colleghi quando ho citato il clown, ma mi riferivo a me stesso». Come volesse dire a Conte: non solo cerchi rogne e le trovi, ma mi hai pure frainteso. Escludendo che Mourinho pensasse a se stesso quando ha parlato di clown, continuo a documentarmi. Voti: 4 Mourinho, 4 Conte.
Dall’Inghilterra torniamo in Italia per ragionare su un tipo tranquillo: Nainggolan. Con lui in campo l’Atalanta avrebbe vinto? È un argomento da dopopartita, o da bar. La domanda vera è: ha fatto bene la Roma a mandare in tribuna Nainggolan? La mia risposta è nel voto (7,5) alla Roma, a Di Francesco, a Monchi, a chi ha gestito la situazione comunicando la decisione solo alla vigilia della partita. Leggendo espressioni tipo “pugno di ferro”, “mano pesante”, “duro castigo” mi veniva da sorridere. Se la Roma non fosse intervenuta com’è intervenuta, avrebbe creato un precedente e si sarebbe negata ogni possibilità futura di richiamare i tesserati a comportamenti più consoni. L’ala perdonista: ma in fin dei conti cos’ha fatto di male il Ninja? La vita privata, sono affari suoi. E l’ala del tifo: giocare con l’Atalanta senza due dei tre centrocampisti titolari è un rischio enorme, quelli hanno già vinto a Napoli e noi non è che stiamo benissimo. La vita privata, partiamo da qui. Nella tua vita privata tu calciatore fai quello che vuoi. Per esempio sbronzarti, fumare, tirare qualche bestemmione mentre ti filmano, e se poi quel filmato finisce sui social la tua vita non è più privata, quindi sei consapevole di esibirti in pubblico. A me Nainggolan fa venire in mente quei bambini piccoli che continuano a dire cacca pupù e si ficcano le dita nel naso perché i genitori gli hanno detto che non si deve, che non si può, che non è bello. Tu gli dimostri che si può e che per te è bello. È un modo per richiamare l’attenzione. Avete presente il look di Nainggolan? È fatto per richiamare l’attenzione. La richiamerebbe solo per come gioca, per come corre, per la generosità guerriera che porta in campo, ma non gli basta. Ecco allora la cresta da Ninja (una delle ultime in circolazione, ma ci è affezionato) e una collezione di tatuaggi che non li ha nemmeno una ventina di ergastolani in Siberia. E una voglia di trasgressione per cui non gli basta trasgredire, ma deve farlo sapere a tutti. Roma, intesa come società, compresa. Se l’è andata a cercare, 3, un’altra volta starà più attento. Può consolarlo una notizia sul Qn: “Bestemmie. Danneggiamenti. Atti irriguardosi verso persone e ambiente. Uso di alcol o altre sostanze psicotrope. Chiusi sette bar a Lumezzane”. È un paese del Bresciano noto per le acciaierie. I sette bar sono quelli di altrettanti oratori. Chiusi fino alla sera della Befana, poi si vedrà.