Dopo il derby, la Roma in casa ha vinto contro Spal e Cagliari ed ha pareggiato con il Sassuolo; lontano dall’Olimpico ha preso un punto a Marassi contro il Genoa, un altro al Bentegodi contro il Chievo e neppure quello all’Allianz Stadium contro la Juventus. Sei partite, nove punti. Basterebbero questi semplici numeri per spiegare il momentaccio che sta attraversando la squadra di Eusebio Di Francesco, lontana nove punti dalla capolista Napoli (con un partita in meno). E cacciata dalla Coppa Italia dal modesto Torino. Una Roma che, in queste sei partite di campionato, ha segnato soltanto sei reti. Poche, troppe poche per avere ambizioni di primissimo piano. E sta aumentando in maniera inaspettata il numero delle occasioni perse. Solo che, adesso, l’eccezione sta diventando la normalità. E questo, ne converrete, è il dato più allarmante.
NON SOLO MAL DI GOL – Può capitare, ad esempio, di non vincere in casa del Genoa, pur essendo passati in vantaggio; ma se a seguire non batti neppure il Chievo e il Sassuolo, dopo aver faticato da matti per superare il Cagliari, vuol dire che la faccenda è un po’ più seria di quanto si potesse ipotizzare dopo la delusione di Marassi. La Roma è una squadra in completa involuzione. E i pochi gol all’attivo (23 prima del derby, in 12 partite,media quasi due a gara) stanno addirittura rendendo vano il brillante comportamento in fase difensiva, con 12 reti al passivo che rappresentano il top del campionato. Sostenere, però, che il guaio della Roma sia soltanto il mal di gol è davvero riduttivo: è il complesso che non va più come andava prima del derby. Una questione di gioco, in primis. Se, ad esempio, Dzeko non segna da una vita è colpa sua, certo; ma forse lo è anche di chi gli gioca accanto che non gli dà più una mano per riuscire (a tornare) a sorridere. Altissima, ad esempio, la percentuale degli errori in fase di palleggio, con tante potenziali opportunità per attaccare con pericolosità buttate nel cestino. La Roma che aveva incantato l’Europa oggi è soltanto un ricordo. Più nello sviluppo del gioco che nei risultati, anche se dopo la vittoria sulla Lazio sono stati mediocri. Qui non si tratta di capire e valutare, per dirne un’altra, la prestazione di Schick; se mai, c’è da studiare il modo ideale per non sprecare il suo talento. Non poteva essere lui l’uomo in grado di far svoltare in un paio di partite la Roma, ma adesso proprio lui non può e non deve diventare un/il problema della Roma. La Roma può cambiare passo, tornando all’antico, solo grazie a se stessa, cioè attraverso la squadra e non tramite i singoli. Sennò, il nuovo anno si aprirà peggio di come si è chiuso quello vecchio.