Se n’è andato quest’oggi a Torino l’ex tecnico giallorosso, Luigi Radice.
Radice è stato un difensore del Milan stellare, con il quale vinse tre scudetti e una Coppa dei Campioni e come allenatore è riuscito a ricondurre allo scudetto il Torino di Pulici e Graziani, per la prima ed unica volta dopo i fasti del “Grande Torino”.
Luigi Radice però è stato anche l’allenatore della Roma, e anche se si sedette sulla panchina dei giallorossi per una sola stagione, il pubblico ricorda bene quella squadra.
Seppur limitata tecnicamente, non mollava mai di un centimetro ed incarnava lo spirito battagliero del suo allenatore e dei suoi tifosi.
Io stesso ho un ricordo di quella Roma, forse il più bello: era la stagione 1989-90, quella che si giocò allo stadio “Flaminio”, per via dei lavori di ristrutturazione della stadio “Olimpico” dato che i Mondiali erano imminenti.
Mi trovavo vicino a Pescara, esattamente a Silvi Marina ed avevo sei anni, quando mio padre mi disse: -Se non piove domani andiamo allo stadio –
La Roma il giorno dopo avrebbe giocato in campo neutro a Pescara contro l’Ascoli, per la seconda giornata di campionato, ed io ero al settimo cielo dalla gioia.
Ricordo perfettamente che la partita finì 0-0, Giannini sbagliò un rigore ed io, annoiato, volevo andarmene a fine primo tempo.
Questo è il bellissimo ricordo che mi lega, visceralmente, alla Roma di Gigi Radice.
Quella stagione iniziò molto bene,direi spora le aspettative, con i giallorossi che la settimana dopo s’imposero per 0-2 (doppietta di Voller) a Genova contro i rossoblu e che infilarono altre tre vittorie consecutive contro: Atalanta, Bari e Cesena.
Desideri recitò la parte del leone in tutte e tre le gare, visto che andò in gol ogni volta, ed alla fine dell’ultima partita la Roma si trovò, clamorosamente, in testa al campionato in solitudine.
Purtroppo, le cose erano destinare a cambiare molto presto, e ci pensò l’Inter a ridimensionare le ambizioni dei capitolini sconfiggendoli a Milano per 3-0.
Nessuno però chiese lo Scudetto a Radice: in realtà lui venne ingaggiato da Viola, per coprire la squadra in attesa dell’arrivo di Ottavio Bianchi, che all’epoca era un vero “Guru” tra gli allenatori italiani.
Quello che si chiedeva a Radice, era di traghettare la squadra per una stagione e cercare di fare il meglio possibile, ma un po’ per il fatto di giocare in uno stadio come il “Flaminio” dove il pubblico aveva la possibilità di farsi sentire in modo forte, un po’ per la mentalità dell mister che, già dagli anni settanta profetizzava il pressing a tutto campo, scoccò qualcosa di magico e quella stagione rimase nella testa e nel cuore di tutti i tifosi.
Con nove vittorie il “Flaminio” divenne praticamente inespugnabile e la Roma chiuse ad un insperato sesto posto, che gli permise di gettare le basi per la “campagna europea” dell’anno successivo, che terminò, ad un passo dal traguardo, nella Finale di Coppa UEFA persa contro l’Inter allo stadio “Olimpico”.
Di quell’anno rimarrà nella memoria la pregevole vittoria per 1-0 al Flaminio, arrivata grazie ad un bel colpo di testa di Desideri, contro la Juventus ed anche il pareggio per 1-1 contro il Napoli, che a fine stagione avrebbe festeggiato lo Scudetto.
Radice proseguì la sua avventura da allenatore fino al 1997, quando chiuse sulla stessa panchina in cui aveva esordito trent’anni prima: a Monza.
Certamente a Roma ha avuto ed avrà per sempre, un posto nel cuore dei tutti i tifosi, specialmente tra quelli che l’anno vissuto ed ancora oggi, nei periodi neri, invocano la grinta di quei giorni.