Di solito gli annunci dei rinnovi di contratto sono pieni di sorrisi, cin cin, dichiarazioni d’amore. Pur con qualche elemento «classico» sparso qua e là, la conferenza di ieri a Boston, in cui Monchi ha ufficializzato il rinnovo di Alessandro Florenzi fino al 2023, è stata tutt’altro. Con un sentimento ad accomunare i due protagonisti di una trattativa più lunga del previsto: fastidio.
Sì, non possono nasconderlo, Florenzi e Monchi non stanno vivendo momenti del tutto sereni. Il primo, adesso, può iniziare a scaricare la tensione, l’altro è nel pieno della volata finale di un mercato stravolto dal voltafaccia di Malcom. L’esterno di Vitinia ha accettato di firmare a 2.8 milioni netti più premi che salgono di anno in anno, rinunciando ai 4 milioni proposti dall’Inter. «Su un piatto della bilancia c’erano più soldi, su quello della Roma c’era l’amore per la città e la squadra e ho scelto quello. Voglio abbracciare idealmente tutti i tifosi che sono contenti insieme a me dice so che ci sono altri tifosi che pensano che non merito questo rinnovo per le prestazioni dell’anno scorso. Sto lavorando per fargli cambiare idea. Poi ci sono anche persone che a prescindere da come gioco, non gli va bene che indossi questa maglia. Nella vita ho sempre cercato di piacere a tutti. Ecco, una cosa che mi ha insegnato questa trattativa è che non è possibile».
Lo sfogo passa poi per il paragone con le altre bandiere della Roma. «Non ho la stessa qualità di Totti e non mi viene riconosciuta giusta mente la visceralità che ha De Rossi. Ma per me loro sono due amici due amici fuori dal campo che mi hanno insegnato cosa vuol dire essere romano e romanista. Penso di aver dato tutto, a volte troppo per la Roma, aver messo a volte il cuore oltre la ragione quando c’era da fermarsi». Gli chiedono come si spiega le critiche e Florenzi ricorda quella gara con la Samp chiusa con i fischi della Curva perché non portò i compagni a scusarsi. «Ma non si poteva andare sotto al settore». Sulla stagione: «Vogliamo migliorare in campionato e in Champions, ma c’è un solo modo per farlo: avere equilibrio, lo dico anche a tifosi e giornalisti».
Gli stessi a cui si rivolge Monchi per spiegare, l’ennesima volta, che «conosco perfettamente la società, i numeri e dove vuole arrivare la Roma: sto lavorando solo per questo. Potrei fare qualcosa di diverso pensando di più a me stesso, ma credo che sarebbe ingiusto, penso soprattutto dare una stabilità per il presente e per il futuro. Il tempo sarà il giudice finale». Poi chiude le porte, in modo quasi definitivo, a N’Zonzi. «Stiamo valutando il mercato in diversi ruoli, uno di loro è il centrocampo e N’Zonzi è un nome. Ma non è il più vicino, credo sia il momento di pensare ad altre possibilità». Tipo Herrera o Ndombele? Difficile e la lista è molto più lunga.
Monchi ricorda come «a dicembre tutti parlavano del ragazzino Cengiz Under, preso da quello scarso del ds della Roma. Oggi se lo vendo, mi menano. Le cose nel calcio cambiano, Malcom è fortissimo ma prima che lo volessi, lo conoscevano in pochi. Magari quando e se prendo un altro giocatore, il nome non entusiasma». Alla fine dovrebbero essere un centrocampista e un attaccante esterno, ma l’avvertimento è chiaro: non aspettatevi nomi roboanti. Entro il 17 agosto, avranno un volto.