Raggi non toglie la «riserva» e Berdini resta commissariato, ieri ha pure disertato la giunta mentre alcuni dimostranti, sotto al Campidoglio, intonavano il suo nome brandendo lo striscione «basta cemento». E c’è una parte del M5S che vede un Berdini depotenziato come opportunità in chiave stadio della Roma. Ad oggi, però, l’assessore è depotenziato, a impatto zero sul progetto Stadio della Roma che intanto fa progressi sui tavoli tecnici — il primo si è tenuto giovedì scorso e il secondo sarà lunedì pomeriggio — anche grazie all’endorsement di Alessandro Di Battista, uno dei leader nazionali del Movimento.
Eppure nella maggioranza M5S l’idea «berdiniana» di evitare la variante per scavalcare il recinto del Piano regolatore, circola ancora. Per questo, in prospettiva dell’incontro «politico» di martedì, proponenti e Comune, rappresentato dall’avvocato genovese vicino al M5S Luca Lanzalone, lavorano su una carta che potrebbe lanciare il sì definitivo: il certificato Leed. Cos’è il certificato Leed? È la patente di sostenibilità ambientale che rilascia il Green Building Council, colosso statunitense che ha elaborato il sistema di classificazione dell’efficienza energetica e dell’impronta ecologica.
Leed è l’acronimo di Leadership in Energy and Environmental Design, e il certificato (da quello «semplice», poi «argento», «oro» fino all’attestazione «platino») viene assegnato con una valutazione fino a 110 punti in base a criteri ambientali come sostenibilità energetica, gestione delle acque, impatto dei trasporti e qualità dei materiali. «Sarebbe la prima area certificata Leed in Europa», dice Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente che lavora come consulente «ambientale» sul progetto di Tor di Valle.
Una garanzia verde che alla fine potrebbe mettere tutti d’accordo. Anche perché potrebbe dare subito due effetti. Il primo è lo stop, alla soglia del 25%, alle sforbiciate del tavolo tecnico condotto da Lanzalone («A che titolo? E chi lo paga?», si domanda il consigliere pd Antongiulio Pelonzi che presenterà un’interrogazione sulla questione): dato che è necessario mantenere la pubblica utilità della delibera, la trattativa sulle cubature ha un margine ridotto di intervento. Un taglio in più, o uno sbagliato, e deve ripartire l’iter che nel prossimo 3 marzo ha la sua ultima frontiera.
Il secondo effetto è a ricaduta politica: in tema di variante urbanistica l’Assemblea ha di fatto l’ultima parola, e la patente verde potrebbe risultare elemento decisivo nel convincere i resilienti della linea dell’intransigenza. E cioè i consiglieri che guardano con sospetto il progetto nonostante il sì del M5S. Solo dopo lo step politico, comunque, lo Stadio della Roma potrà partire davvero. E il primo step sarà l’attivazione della fase di fundraising, ovvero il rastrellamento dei finanziamenti necessari alla messa in opera del progetto. Che finora è una scatola (quasi) vuota: nel percorso di progettazione e di confronto istituzionale, la Roma e Parnasi hanno potuto contare rispettivamente sulla sponda economica degli advisor Goldman Sachs e Rothschild, trenta milioni di euro di stanziamento cui dovrà seguire un piano di intervento decisamente più robusto. Si cercano 1,6 miliardi di cui 440 milioni da destinare alle sole opere pubbliche. Non una passeggiata.