La mappa di Roma che alle elezioni del 2016 si tingeva di giallo grillino in tutti i distretti, eccezion fatta per il Centro storico e i Parioli, al giro di boa di metà mandato comincia a stingersi. Implodono le giunte locali: in principio fu la Garbatella (marzo 2017), poi Montesacro (febbraio 2018), e ora rischia di saltare l’amministrazione del Municipio XI (Portuense, Corviale e Magliana), 156mila abitanti come Livorno o Cagliari. Stavolta però, a differenza degli altri due harakiri stellati, non ci sono di mezzo antipatie personali e beghe para-condominiali. A far collassare la maggioranza è la controversa operazione Tor di Valle, il nuovo stadio della Roma con annesso mega-centro di negozi, uffici e alberghi. Il M5S era contrario al progetto fino a due anni fa, salvo poi fare inversione a U, dopo una sforbiciata parziale alle cubature per i privati e un taglio massiccio alle opere pubbliche. Raggi ormai non parla più di «speculazione», ma twitta che «lo stadio si fa».
Non tutti, nei territori, si sono accodati. Nell’XI distretto, due consiglieri hanno già abbandonato il Movimento proprio per i malumori sullo stadio, aderendo alla corrente di Cristina Grancio, la grillina dissidente su Tor di Valle in Campidoglio. Ieri ha lasciato la maggioranza, passando al gruppo misto, un’altra consigliera, Francesca Sappia. Risultato: la giunta del minisindaco Mario Torelli, ex poliziotto ed ex dipietrista, è rimasta con 12 consiglieri su 25 nel parlamentino municipale. L’addio di Sappia è intinto nel curaro: «Il Campidoglio ci ha abbandonato e il Movimento romano e municipale ha tradito i suoi ideali. Troppe scelte calate dall’alto, nessun ascolto dei consiglieri. E troppe contraddizioni, a partire da Tor di Valle. Sono sempre stata contraria, come lo era il nostro Tavolo Urbanistica». Lo stadio è stato l’inizio, il resto sono scelte locali: «I rifiuti a Ponte Malnome, la sperimentazione del viadotto della Magliana, non ero d’accordo, la preferenziale sbagliata sulla Portuense». Il clima, si sfoga ancora la consigliera, «si era fatto pesante da luglio, ho bloccato quasi tutti i miei colleghi sul cellulare».
LE MOSSE DI RAGGI – Raggi è in allerta. Ieri ha chiamato Torelli per capire quanto fosse grave la situazione. L’ordine del Campidoglio a questo punto è: ricucire. Far rientrare almeno l’ultima dissidente, per evitare l’ennesimo scioglimento anticipato di una circoscrizione, con nuove elezioni che esporrebbero la sindaca e il M5S a un pericoloso test prima del voto del 2021.
Il mini sindaco è senza numeri ma promette battaglia. «Non lascio», assicura. Sta all’opposizione, allora, compattarsi per tentare la mossa del cavallo: una mozione di sfiducia che se mettesse insieme 13 voti su 12 – cioè tutta la minoranza – porterebbe il Municipio prima al commissariamento e poi a nuove elezioni. «Se Torelli non si fa da parte, quella è la strada maestra, anche perché già da mesi l’attività amministrativa è paralizzata», spiegano i consiglieri locali del Pd, Maurizio Veloccia e Gianluca Lanzi.
Tutta l’opposizione, non solo locale, soffia sul fuoco perché intravede un’altra crepa nell’amministrazione di Raggi. Il senatore Bruno Astorre, segretario del Pd Lazio, parla dell’ennesima crisi generata «dai dissidi interni». Lo stesso dicono da Fratelli d’Italia a Forza Italia. Anche nel gruppo M5S in Campidoglio, c’è chi si dice «dispiaciuta per il passaggio di Francesca al gruppo misto, le riconosco di essere stata una consigliera molto presente sul territorio», commenta l’onorevole capitolina Simona Ficcardi. E lei, Sappia, che rischia di diventare l’ago della bilancia, si mantiene cauta, per ora: «La mozione di sfiducia? Ancora non ho deciso».