C’è un pubblico interesse che, sebbene sicuro dell’ok politico in Aula, potrebbe vacillare all’analisi degli Uffici e dei tecnici in Conferenza dei servizi. C’è una tempistica ancora tutta da valutare, ma che di certo non ispira celerità: la questione variante al piano regolatore che oggi fa infuriare i Municipi M5S X e XI, sarà affrontata solo a settembre, con buona pace del presidente della Roma, il commendator James Pallotta, che ha dichiarato di essere disposto ad aspettare fino al 2020 per il nuovo stadio. Oltre sarà «goodbye, to never again» (per questo nella delibera è scomparso anche il vicolo trentennale per il club?). E c’è una doppia questione relativa alle opere pubbliche: da una parte le stime di investimento che crollano di 150 milioni (dai 270 della delibera Marino agli attuali 120) e dall’altra una priorità pubblica finora esplicitata solo a parole dall’amministrazione Raggi. Con preoccupazione crescente di chi si occupa di sicurezza: si può fare lo stadio prima delle strade indispensabili a flusso e deflusso? Ma l’elemento che meglio incarna il caos sulla delibera di giunta approvata ieri con cui il Campidoglio conferirà al progetto stadio le stimmate dell’interesse pubblico, è metafisico: è costruita sul ponte che non c’è. Segnatamente il ponte dei Congressi, cioè «l’opera di interesse nazionale» di cui Raggi, accompagnata dagli assessori alla Mobilità Linda Meleo e all’Urbanistica Luca Montuori, i primi di maggio è andata a chiedere notizie al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.
Quel ponte è stata la stella polare del nuovo progetto, quello dimezzato nelle cubature di cemento e quindi decapitato delle tre torri di Libeskind. Perché nella 132 di Marino era previsto un altro ponte carrabile, il ponte di Traiano, che al M5S sembrava una violenza gratuita sul territorio considerata la presenza di un’opera già finanziata dal governo con 145 milioni di soldi pubblici. E quindi, dopo l’accordo tra Raggi e i proponenti (Roma e Eurnova), nel ridisegnare la planimetria di Tor di Valle è stata data per assunto la presenza del ponte dei Congressi. Così quello di Traiano è scomparso insieme alle torri. Ma basta incrociare la dichiarazione di ieri di Montuori e la nota seguente del Campidoglio per capire che qualcosa non quadra. «Ponte Congressi fuori delibera, sarà realizzato con fondi Cipe», dice l’assessore. Il progetto «migliora la mobilità grazie alla realizzazione di collegamenti ciclopedonali che attraversano l’area lungo le anse del Tevere e la via Ostiense collegandosi alle nuove reti ciclabili previste nel ponte dei Congressi», spiega il Comune. Cioè: la delibera è complementare alla costruzione del ponte finanziato dal governo anche se l’opera è attualmente sospesa con un «no» dal Consiglio superiore dei lavori pubblici nella Conferenza dei servizi relativa. E’ vero che i rilievi sembrano ora superati e che probabilmente il ponte si farà. Ma il punto è un altro e gli avvocati sono già a lavoro: il 15 giugno la maggioranza M5S potrebbe concedere il pubblico interesse a un progetto con la condizionale.