Nessun titolo, ma en plein di record. A Spalletti potrebbe bastare l’ottimo rendimento in campionato (non certo quello nelle coppe) per chiudere la sua seconda avventura a Trigoria. Ovviamente battendo domenica il Genoa già salvo all’Olimpico e salendo a 87 punti, nuovo primato della Roma. Come a dire: più di così, non si può fare. Oggi è il massimo, anche perchémai, durante l’éra Usa, i giallorossi sono stati così vicini alla vetta della classifica e soprattutto alla Juve che ha appena festeggiato il 6° storico scudetto di fila. Pallotta, insomma, è pronto a cambiare di nuovo l’allenatore: sarebbe il 6° dall’estate del 2011.
ULTIMA RAFFICA – «Vedrà che sono corrette tutte». A Verona, dopo la manita al Chievo, ecco che Lucio ha messo in guardia l’interlocutore in diretta tv. Gli ha consigliato di non buttare nel cestino le dichiarazioni dei mesi scorsi. Come a ricordare che non ha mai bluffato, soprattutto con la piazza: cioè che sarebbe andato via, se fosse rimasto a mani vuote. Non fa niente che, di recente, ha dato forza al 2° posto che garantisce l’accesso diretto alla Champions e quindi ricchezza al club: «È il nostro scudetto». Al Bentegodi, però, è andato oltre. Sulla correttezza avuta verso la Roma: «A qualcuno qualcosa l’ho dovuta dire, ci sono i ruoli». Avrebbe avvertito il management del presidente. A Trigoria glissano sull’argomento, anche perché il 2° posto, dopo il successo del Napoli contro la Fiorentina, resterà in bilico fino al traguardo. Non ha, però, fatto piacere a nessuno sentirlo pentito, a San Siro dopo il successo contro il Milan, per aver accettato l’incarico nel gennaio del 2016: «Se tornassi indietro, non allenerei mai la Roma». La società non ha gradito, pur avendo capito che il toscano, da tempo, sta pensando al nuovo divorzio. E si è mossa. A prescindere dall’attestato di stima che il ds Monchi, nel giorno del suo insediamento, ha rivolto all’allenatore, sapendo che avrebbe potuto aspettarlo.
LISTA APERTA – Così come sta facendo con Emery. Sabato sera, a Saint Denis, il Psg giocherà da favorito la finale della Coppa di Francia contro l’Angers che nella Ligue 1 si è piazzato al 12° posto. Il successo, però, potrebbe non essere sufficiente allo spagnolo per essere confermato fino alla scadenza del contratto (30 giugno del 2018), dopo le due grandi umiliazioni stagionali: il 6 a 1 subito in Champions al Camp Nou contro il Barça e il campionato lasciato al Monaco. La prima alternativa a Emery è probabilmente Paulo Sousa che piace ai dirigenti italiani. Di Francesco, bloccato da qualche settimana, rimane in corsa. Non sarebbe la sorpresa last minute, ma forse è l’opzione di scorta.
ANNATA DA EQUILIBRISTA – «La penna per la mia firma ce l’hanno in mano i giocatori». Spalletti ha vissuto la sua stagione in perenne contraddizione. Almeno quando è stato chiamato a comunicare e soprattutto a chiarire come si sarebbe comportato a fine campionato. E riavvolgendo il nastro, cioè rivisitando quanto detto dal toscano in pubblico, diventa semplice notare come sia subito salito sull’altalena senza più scendere. Quel «resto solo se vinco» è ancora d’attualità: può mantenere la parola, perché il 2° posto non finisce in bacheca. Così come lo è quel «Totti è un genio, se smette a fine stagione, io lascio la Roma» oppure «Francesco deve rinnovare questo contratto, se non firma vado via anche se vinco». Si è ripetuto più volte, sul possibile addio: «Il futuro è nelle mie mani, per restare devo vincere qualcosa» o «Se non vinco, è giusto che faccia posto a un altro, si va a casa». Se saluterà dopo Roma-Genoa, nessuno potrà accusarlo di mancanza di coerenza. Ma, alla vigilia della gara con il Chievo, ha tirato fuori l’orgoglio per difendere la sua panchina dall’assalto dei candidati: «Se loro vengono per prendermi il posto mi fa piacere: io devo essere più bravo di loro per mantenerlo». Addirittura ha guardato all’anno che verrà: «Vogliamo avere la possibilità di giocare nella competizione più bella del calcio, la Champions». Al tempo stesso, però, è tornato al passato. A quando, commentando un eventuale interessamento della Juve, si era dichiarato: «Sono un professionista, andrei ovunque». E venerdì, sempre soffermandosi sui possibili eredi, ha ammesso: «I nomi fatti hanno esperienza, titoli vinti e il blasone per essere i futuri allenatori della Roma». Si è anche tenuto aperto il cancello di Appiano Gentile: «Quello che sarà il futuro allenatore dell’Inter e il futuro allenatore della Roma non ce ne deve fregare niente…».