«Premetto che non sono tifosa, ma ho visto anch’io gli ultrà giallorossi sotto la sede della Roma, con quello striscione: no allo stadio. E poi i cori. Ormai sono contrari pure loro…», ammette alla buvette del Campidoglio Donatella Iorio, presidente (grillina) della Commissione Urbanistica di Roma Capitale. Le logiche pallonare però, dice, «non sono quelle che ci devono guidare come amministratori. Noi guardiamo all’interesse pubblico. E questo progetto, lo stadio a Tor di Valle, ha senso solo se certe infrastrutture vengono realizzate e nei tempi promessi. Ma si può pensare di aprire lo stadio senza la garanzia che la principale strada di accesso sia realizzata e aperta alle auto? Si può, senza la ferrovia Roma-Lido in piena efficienza? La gente come ci arriva, a piedi?».
LA PROPOSTA Parole un po’ da tecnica un po’ da grillina vecchio stampo. È stata lei, da capo della Commissione Urbanistica, ad avanzare la proposta di «ridiscutere l’interesse pubblico» accordato dai grillini al progetto Tor di Valle, tra mille mal di pancia, a marzo del 2017.
«Dopo gli arresti e le indagini, si potrebbe rivotare. Dobbiamo ancora discuterne come maggioranza, una decisione non è stata presa. Ora però la priorità è la convenzione urbanistica, deve esserci accordo sulle opere». Altrimenti, è la linea M5S, per il progetto è game over. È la tentazione di tornare all’antico, a quel «no alla speculazione» pronunciato prima sui banchi dell’opposizione e poi per tutta la campagna elettorale del 2016, quella che ha portato Virginia Raggi sulla poltrona più alta di Palazzo Senatorio. Anche nel Movimento nazionale c’è chi è rimasto sintonizzato sulla lunghezza d’onda delle origini. «Tanti del M5S erano contrari a quella prima operazione – ricorda per esempio Gianluca Perilli, vice-capogruppo M5S al Senato – e molti sono rimasti contrari. Io nel 2017 chiesi anche un parere al professor Imposimato, sul progetto Tor di Valle. Poi ora sono d’accordo con quello che dice la sindaca, se c’è un patto sulle opere pubbliche non si può tradire».
«LA VARIANTE NON PASSA» Pietro Calabrese, fedelissimo di Raggi e presidente della Commissione Trasporti del Campidoglio, non è tipo da giri di parole: «Non è un segreto che su Tor di Valle noi, come M5S, abbiamo avuto delle ruvidità, non è stato facile arrivare a un accordo. Ora però la linea è chiara: i privati facciano prima le opere pubbliche e poi apre lo stadio e il centro commerciale. Non arretriamo di una virgola». Messaggio chiaro. Anche perché cedere ora nella trattativa, significherebbe andare incontro a una bocciatura plateale sugli scranni dell’Assemblea capitolina: «Una variante urbanistica “morbida” – dice ancora il grillino Calabrese – andrebbe incontro a diversi ostacoli, in Aula non passerebbe».
FONTE: Il Messaggero – L. De Cicco