Dopo i quattro gol di Lione (e i due della Lazio e i due del Napoli) la frase del capitano, ormai senza fascia e senza trono ma pur sempre il capitano, arriva lì a certificare l’ovvio e quel che tutti abbiamo visto in questa settimana horror da Walking Dead, eppure pesa come una sentenza di condanna. La Roma manca, non c’è, si è dissolta, è fisicamente scoppiata, fatta a pezzi in rapida successione da Milinkovic, Immobile, Mertens, Diakhaby, Tolisso, Fekir e Lacazette. Tutti giocatori cui la Roma pensava di essere presuntuosamente superiore e che invece l’hanno spedita sull’orlo dell’abisso. O si salva, fa una doppia remuntada in stile Barcellona e prosegue nel suo lungo e difficile viaggio a tappe (il campionato col Napoli che insegue, le due partite da vincere 2-0 contro la Lazio in Coppa Italia e il Lione in Europa League) oppure precipita giù. Come e perché sia successo non si sa. Le paturnie di Rodomonte Spalletti – resta, se ne va, con chi ce l’ha? – il crollo psicofisico della squadra, il coraggio finito sotto i tacchetti, i gol perduti di Dzeko, il boss americano pronto spendere un miliardo e mezzo per lo stadio ma non venti milioni per un attaccante di scorta o un mediano, possono spiegare molte cose. Ma non tutto. La settimana incubo della Roma appartiene alle serie del mistero e delle catastrofi. «La Roma manca a tutti» è una frase a mezza bocca, pronunciata a Lione, che Totti ha lanciato in pasto a chi cerca le spiegazioni e soprattutto i colpevoli di questo tracollo. La storia di Totti è una storia nella storia. Anzi il cuore di questa storia, il posto dove si riconducono amori, umori, passioni, gelosie e veleni.
Ufficialmente Totti è ancora il nume tutelare della Roma, l’ancora di salvezza, il santo protettore, l’oggetto di tutte le preghiere laiche, in realtà è messo da parte, trascurato, accantonato addirittura vilipeso. E il vilipendio di Totti a Roma è reato. A 40 anni compiuti Totti ha scoperto che l’età non si inganna, e quei 40 anni Luciano Spalletti non glieli ha mai perdonati. Il capitano ha imposto se stesso alla società e alla squadra, l’allenatore non lo ha più considerato, lo ha avvitato alla panchina e amen. E nel frattempo lo ha coinvolto in una perfida e incomprensibile commedia, quella del «O fanno il contratto a Totti o me ne vado». Una ripicca, un messaggio in codice, l’annuncio di un addio, ma soprattutto un gioco inutile che ha intricato ulteriormente la già fragile psicologia della Roma, seminando zizzania e lasciando interdetti i tifosi. Che vedono preso in giro il loro idolo. Del resto che la stagione cominciasse male lo si era capito fin dall’inizio. Quando la moglie Ilary le mandò brutalmente a dire all’allenatore. Solo che poi i buoni risultati avevano fatto dimenticare tutto, e la gente aveva cominciato ad abituarsi e apprezzare una Roma detottizzata. In questo trittico maledetto la Roma e Spalletti sono caduti senza mai chiedere aiuto a Totti, che sia pure con le sue lentezze e i suoi 40 anni suonati sarebbe l’unico a poter sostituire l’esauritissimo Dzeko L’unico tempo che Totti ha avuto sono stati cinque minuti, inutili e umilianti contro il Napoli. Totti e Spalletti si stanno giocando la Roma a carte. «La Roma manca a tutti», la Roma manca a Totti.