(Il Tempo)
Minacce. Trascorsi 5 giorni dalla vicenda dei quattro manichini giallorossi impiccati sul ponte pedonale di via degli Annibaldi, la procura di Roma ha aperto un fascicolo sull’accaduto. Non si procederà per il reato di procurato allarme, come inizialmente ipotizzato dagli uomini della Digos, ma per minacce. Un reato che sarebbe stato commesso contro i tre giocatori della Roma che giovedì scorso erano stati costretti a vedere penzolare dalla passerella adiacente al Colosseo le maglie che indossano in campo ogni domenica. Salah, Nainggolan e De Rossi non avranno vissuto momenti sereni osservando quei manichini impiccati sotto uno striscione che recitava: «Un consiglio senza offesa, dormite con la luce accesa».
Ma gli ultras non ci stanno: «Meravigliati e stupiti da tanta ottusità, dal sensazionalismo misto all’allarmismo che anima il giornalismo italiano». Così si erano definiti i protagonisti del gesto, rivendicato dopo alcune ore dagli ultras della Curva Nord della Lazio. E ancora: «Nessuna minaccia a nessun giocatore della Roma, le bambole gonfiabili, rappresentano una metafora che vuole rimarcare lo stato depressivo in cui versano i tifosi e i giocatori dell’altra sponda del Tevere. Si tratta della continuazione e non della fine, di un sano sfottò che si protrae già da tre derby».
I tifosi si riferivano anche alla dialettica vista durante l’ultima sfida tra Roma e Lazio, quando in Curva Nord era apparso uno striscione: «Arrivederci al prossimo incubo». Evidentemente gli ultras della Roma erano già pronti a rispondere, visto che dalla Curva Sud avevano presto replicato: «Dormiremo sogni tranquilli». Tralasciando gli errori grammaticali, la querelle sembrava essere finita lì, anche se la vittoria della Lazio aveva indotto i supporters biancocelesti a inscenare un finto funerale a Trigoria, il giorno successivo al derby. Anche in quel caso il tocco macabro non era mancato, considerando la bara e le sagome disegnate per terra, quasi a rappresentare la morte, calcisticamente parlando, della squadra. Per questo motivo in un primo momento gli inquirenti avevano rivolto le loro attenzioni verso gli ultras della Roma, già attenzionati in due diversi procedimenti. Dopo alcune ore però le indagini avevano condotto all’altra sponda del Tevere, quella della Lazio, degli Irriducibili, gli stessi che avevano rivendicato il gesto definendolo «un sano sfottò».
Non la pensa così il titolare del fascicolo: il procuratore aggiunto Francesco Caporale. Secondo il magistrato infatti dietro quel gesto potrebbero celarsi delle vere e proprie minacce volte a intimidire i tre giocatori: Salah, Nainggolan e De Rossi. Sul registro degli indagati, al momento, non è stato iscritto nessun nome. Ma gli inquirenti starebbero individuando una decina di persone che, secondo l’accusa, avrebbero organizzato il macabro spettacolo. Solo gli organizzatori dunque, e non tutti i partecipanti all’esibizione. Ovviamente si indaga tra gli Irriducibili della Curva Nord. Il compito non è proprio arduo, considerando che gli stessi tifosi, convinti di non commettere alcun illecito, avevano filmato e mandato in rete le proprie gesta. Qualora ve ne fosse bisogno, un aiuto alle indagini è arrivato anche dal programma televisivo Le Iene. Il giornalista Giulio Golia infatti aveva incontrato una delegazione di tifosi biancocelesti. Gli stessi, sempre nella convinzione che il gesto possa essere ricompreso all’interno della dialettica tra tifoserie rivali, avevano ribadito il loro concetto: «Abbiamo fatto diverse scenografie allo stadio che avevano avuto come tema “l’incubo” – avevano affermato davanti alle telecamere di Mediaset – e abbiamo riproposto la scenografia dell’incubo nell’ultimo derby che abbiamo vinto 3 a 1, quindi noi continuiamo su questo tema». Insomma le querelle è chiara: minacce o sfottò? Le indagini dovranno rispondere a questa domanda.
(Il Corriere della Sera)
Altro che goliardata o sfottò da derby. I manichini impiccati al ponte pedonale che dà sul Colosseo costano agli autori un’accusa di minacce aggravate. E sul caso ha chiesto chiarimenti anche la Commissione parlamentare antimafia. L’identificazione dei responsabili è in corso attraverso i filmati che sono stati diffusi in rete e i video delle telecamere di sorveglianza in zona. Il fascicolo aperto ieri dal procuratore aggiunto Francesco Caporale è finora contro ignoti, ma la procura non sottovaluta come un episodio di poco conto il gesto finito sulle prime pagine di tutti i giornali. E se la Roma non ha denunciato («C’è già un’indagine») e la Lazio ha minimizzato («Normale sfottò post derby»), il danno di immagine alla Capitale che potrebbe eventualmente essere contestato è già sotto gli occhi di tutti. La formulazione dell’accusa, differente e ben più grave del generico «procurato allarme» che si era ipotizzato in un primo momento, nasce dal fatto che i manichini indossavano le magliette di soggetti ben identificabili, i giocatori giallorossi Daniele De Rossi, Mohamed Salah e Radja Nainggolan. I carabinieri della compagnia piazza Dante non si sono neanche fermati alla rivendicazione da parte degli «Irriducibili», una delle sigle più di peso nella curva laziale, comparsa sulla pagina Facebook «Elite Romana».
I toni dello striscione srotolato sulla passerella pedonale di via degli Annibaldi («Un consiglio senza offesa, dormite con la luce accesa») e il fatto che ad essere rappresentati erano giocatori non al centro delle schermaglie da stadio, fanno pensare che il messaggio possa avere obbiettivi e origini diverse. Dei tre «impiccati» solo De Rossi ha un ruolo riconoscibile nella rivalità Roma-Lazio. Non c’era Totti, non c’era Rudiger (espulso nella gara di 15 giorni fa e finito sotto i riflettori per le frasi razziste che gli aveva rivolto Lulic nel derby di andata), non c’era Strootman che due domeniche fa ha simulato il fallo da rigore nel momentaneo pareggio e che a dicembre ebbe un battibecco con la panchina biancoceleste. I rapporti tra frange estreme e violente delle due curve sono fotografati da altre inchieste della magistratura e gli investigatori non escludono che si debba cercare in quella direzione. Anche per questo Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione calciatori, rivela: «È un tema che è all’attenzione anche della Commissione antimafia perché certi episodi non sono isolati, non sono figli di sfottò sportivo, ma hanno altre provenienze. Non si può sottovalutare l’ennesimo gesto di violenza, intimidazione e minacce. Serve maggiore consapevolezza su certi legami con le pseudo-tifoserie che possono diventare armi a doppio taglio».