Si va a Baku. Non è come il “Si va a Berlino” di Caressa e Bergomi del 2006, che significò finale dei mondiali di Germania, ma Qarabag-Roma è comunque una partita importante nella stagione della squadra di Di Francesco. La seconda in Champions League dell’anno, con il pensiero fisso di ritornare al successo esterno nella massima competizione europea dopo sette anni dall’ultima volta (3-2 a Basilea nel 2010). Risvolti sportivi a parte, la gara assume pure un significato storico preciso nel corso del club.
Baku, la capitale dell’Azerbaigian, sarà la trasferta più lontana che la squadra giallorossa dovrà sostenere dal 1927. Secondo la stima di google maps, 4455 chilometri sono la distanza di percorrenza partendo dalla Capitale. La comitiva romanista non era andata mai così lontano per una sfida europea. La destinazione è una località della regione caucasica, sorge sul Mar Caspio e ha un fuso orario di due ore in più rispetto all’Italia. Curiosità: per la somiglianza del golfo su cui si affaccia è gemellata con Napoli. Fino a quest’anno, la trasferta più lontana era stata Tromsoe in Norvegia, la cosiddetta capitale della Lapponia alle soglie del Polo Nord. 4180 km da Roma, pure in questo caso un viaggio lunghissimo. La Roma ci va per la Coppa UEFA il 20 ottobre 2005, girone eliminatorio,
vincendo 2-1 con i gol dei difensori Kuffour e Cufrè. Bella l’esultanza del centrale ghanese che
va ad abbracciare il massaggiatore Giorgio Rossi. Clima proibitivo, terreno di gioco fangoso,
tifosi romani sugli spalti con le corna da vichingo per sfidare il freddo. Eppure, nonostante
tante difficoltà, si porta a casa il risultato. Nello spicchio della tribuna riservata ai romanisti,
spunta uno striscione goliardico: “Ao’, state a trema?”. Dopo Tromsoe, Gaziantep: 3375 km.
Al confine tra la Turchia e la Siria, è l’ultima città europea prima di arrivare in Medio Oriente.
Anno 2004, Coppa UEFA pure in quella circostanza, la formazione di Capello perde 1-0 in
trasferta, ma poi recupererà all’Olimpico superando i turchi per 2-0. Sono i sedicesimi di
finale, la Roma interromperà il suo cammino nel turno successivo contro il Villarreal. A 3220
km dalla Città Eterna si trova Tampere, in Finlandia. 23 ottobre 1991, ottavi di finale di andata
di Coppa delle Coppe. La squadra locale è l’Ilves Tampere. Non un avversario irresistibile per
il gruppo di Ottavio Bianchi, ma comunque da rispettare trattandosi di una competizione
internazionale. All’andata finisce 1-1, con una prestazione non memorabile dell’Associazione
Sportiva della Capitale. Tanto che il cronista inviato de “La Stampa” non è tenero nella cronaca
del giorno dopo: “Gioca così penosamente la Roma che l’Ilves, batti e ribatti, provaci e
riprovaci, non può fare a meno di pareggiare”. Il vantaggio è di Carnevale, il punto dell’1-1 a
firma Czakon. Al ritorno non c’è storia, 5-2. Poi c’è Donetsk (3173). Città dell’Ucraina
orientale, sul fiume Kalmius. Realtà calcistica in costante evoluzione che negli ultimi anni ha
lanciato tanti calciatori di livello internazionale come Tymoshchuk, Douglas Costa, Luiz
Adriano, Mkhitaryan, Willian, Srna. La Roma ci è andata due volte, in due edizioni diverse
della Champions, perdendo in entrambe le occasioni: 1-0 la prima nel ritorno della fase a
gironi (2006), 3-0 la seconda nel ritorno degli ottavi di finale uscendo dalla competizione
(2011). A proposito di territori dell’ex URSS, la Roma è stata più volte nel cuore di quella che
un tempo si chiamava Unione Sovietica.
Lì, a Mosca, dove c’è il Cremlino. La capitale della Russia è a 3058 chilometri dal Colosseo ed è stata visitata quattro volte per impegni calcistici. Un territorio, peraltro, che si può definire di conquista considerando le tre vittorie in quattro partite giocate contro il CSKA Mosca in Coppa Coppe nel 1991, la Dinamo Mosca in Coppa UEFA nel ‘96, la Lokomotiv Mosca nel 2001 in Champions League, ancora il CKSA stavolta in Champions League (pareggio). All’Arena Khimki di Mosca, il 25 novembre 2014, Totti segna al “Sesca” su punizione il gol più longevo della Champions. Record tuttora imbattuto per il torneo più prestigioso. Da una parte all’altra del Vecchio Continente. Dalle zone della Steppa al Regno Unito. Territorio che potrebbe sembrare più vicino per usi e costumi, ma che geograficamente resta abbastanza distante. Ballymena, Belfast e Dundee sono state le tre città
britanniche più in là dove la Roma ha giocato incontri di coppe europee. Rispettivamente
2665, 2660 e 2657 km. A Ballymena disputa i sedicesimi di finale di andata di Coppa delle
Coppe, decidono Chierico e Ancelotti. Sempre Coppa Coppe, ma del 1969-1970, la Roma di
Herrera pareggia 0-0 sul campo dell’Ards Belfast con “dodici tifosi al seguito”, secondo le
cronache dell’epoca. Quindi, a Dundee per l’andata delle semifinali di Coppa dei Campioni del
1984. Vincono gli scozzesi per 2-0, ma al ritorno non passa lo straniero con il 3-0 a rimontare
il passivo di svantaggio. La Roma è in finale di Coppa Campioni per la prima volta nella sua
esistenza. La decima per lontananza è Edimburgo, sempre Scozia. La Roma ci va nel 1961 per
affrontare l’Hibernian in semfinale di Coppa delle Fiere. La comitiva è allenata da Foni e
guidata in campo da giocatori come Losi, Schiaffino e Lojacono. Quest’ultimo realizza una
doppietta nel 2-2 finale. Si tratta dell’edizione del trofeo che poi la Roma vincerà in finale con
il Birmingham. 56 anni dopo, non c’è in palio una posta così alta come una finale, ma è pur
sempre la Roma che gioca in Champions League, in un campo mai stato così lontano dalle
nostre latitudini. Baku, Azerbaigian, Qarabag-Roma. In ogni caso, si fa la storia.