30 maggio 2015: Roma-Palermo, trentottesima giornata della Serie A 2014-2015. È l’atto finale del massimo torneo nazionale. È un dolce epilogo, che arriva cinque giorni dopo il derby di Iturbe e Yanga-Mbiwa. Quella, la stracittadina che aveva decretato con un turno di anticipo l’accesso dei giallorossi in Champions League dalla porta principale a dispetto proprio degli avversari corregionali.
Con i siciliani, dunque, è l’ultima volta che la Curva Sud si presenta al completo per sostenere la squadra liberamente, senza condizionamenti di sorta o barriere messe in mezzo al settore. Già, perché dopo quel Roma-Palermo ci sarebbero state – nella stagione successiva – Roma-Juventus di campionato e Roma-Barcellona di Champions con la Sud piena. Ma con l’imminente innalzamento del muro divisorio il supporto non era stato più la stesso. Non poteva esserlo. Nel primo caso i tifosi presenti rimasero in silenzio per protesta per i novanta minuti nonostante la vittoria 2-1 con i gol di Pjanic e Dzeko.
Nel secondo qualcuno decise di disertare il prestigioso appuntamento europeo con gli spagnoli (1-1 finale, gol da cineteca di Florenzi da centrocampo) iniziando – di fatto – lo sciopero del tifo che poi sarebbe ufficialmente iniziato la domenica successiva nella sfida interna con il Sassuolo.
In mezzo sono trascorsi 19 mesi e, per l’esattezza, 675 giorni. Una forma di protesta silenziosa, ostinata, che ha fatto parlare il paese intero. La situazione tornerà alla normalità martedì sera per la semifinale di ritorno di Coppa Italia con la Lazio.
Quasi due anni di voci incontrollate e di prese di posizione pubbliche di dirigenti e calciatori per sensibilizzare le istituzioni a fare un passo indietro e a restituire ai tifosi la curva di sempre. Una decisione imposta alla Roma nell’estate 2015, spiegata così dal questore di allora Nicolò D’Angelo, oggi prefetto di Viterbo: “L’obiettivo è quello di garantire la legalità e la trasparenza. Le curve non devono più essere off limits”.
La società non accettò la misura dall’inizio, ma fu costretta a subirla suo malgrado essendo una determinazione di Questura e Prefettura. Il presidente James Pallotta fu chiaro dal principio, in un’intervista a Roma Radio del 31 agosto 2015, a poche ore dal successo sulla Juve: “Sulla separazione della curva voglio essere chiaro, la Roma non c’entra niente, non l’ha mai supportata, mai richiesta, basta vedere il modello del nuovo stadio che è incentrato tutto sulla Curva Sud”.
Pure l’ex prefetto della Capitale, Franco Gabrielli, fece capire la resistenza del club in un’intervista al Corriere dello Sport del 5 novembre 2015: “C’è stato atteggiamento e atteggiamento – le parole dell’attuale capo della Polizia – Lotito è stato molto più collaborativo, la Roma ha solo subito”. Nonostante si dicesse in giro tra radio e social che la Roma avesse approvato e condiviso senza opporre resistenze. Nonostante tutte le dichiarazioni pubbliche del management romanista a senso unico, verso i tifosi e basta. Il direttore generale Mauro
Baldissoni in più di un’occasione ha palesato la propria disapprovazione. 26 ottobre 2015, Roma Radio: “Crediamo sia giunto il momento di tornare alla normalità, il calcio senza tifosi non ha molto senso. Anche se vincessimo non sarebbe la stessa cosa. Quando la politica ritiene necessario introdurre misure estreme come io credo sia il Daspo collettivo, un tema per me ai limiti di legalità costituzionale, lo deve fare giustificandolo con una necessità reale e contingente, proponendo un percorso che possa ripristinare la normalità dei diritti. Sentiamo spesso che noi dobbiamo perseguire l’obiettivo di riportare allo stadio famiglie, bambini e gioia. Difficile farlo se il percorso di avvicinamento allo stadio è il percorso per entrare in un compound militare. È evidente che questo non sia tollerabile per un tempo che non sia brevissimo, questo probabilmente è un tempo che è già stato troppo lungo. Noi dobbiamo lavorare tutti per tornare a quella che io chiamo la normalità, cioè la gioia di andare allo stadio senza avere restrizioni particolari. Ma dico di più: alla politica noi abbiamo proposto di riflettere su un percorso che portasse addirittura a una normalizzazione di tipo internazionale, cioè senza barriere, senza pre-filtraggi, senza tornelli”.
Il DG in un’altra esternazione a Roma Radio del 10 settembre 2016 si era spinto addirittura oltre: “Se vediamo che le difficoltà di fruibilità dello stadio Olimpico continuano e si riducono gli spettatori, forse dovremmo iniziare a considerare stadi diversi e più piccoli”.
Di barriere ne ha parlato anche l’amministratore delegato Umberto Gandini, insediatosi nel settembre 2016: “Il fatto che Roma – disse ad asroma.com – debba essere un esempio per il resto del sistema dal punto di vista della sicurezza è difficile da far accettare alla gente di Roma”.
L’allenatore Luciano Spalletti si è speso tante volte per sottolineare l’importanza del “soffio” della curva. “La gente della Sud merita fiducia. Se gli si dà fiducia sapranno dare un segnale importante. Se volevano fare confusione la facevano anche in trasferta visto che ci seguono sempre”.
Per non parlare dei numerosi e reiterati appelli dei tre capitani romani e romanisti, Francesco Totti, Daniele De Rossi e Alessandro Florenzi. Così si era espresso il numero 10: “Spero che tolgano e barriere quanto prima. Con i tifosi siamo una cosa sola. Noi abbiamo bisogno di loro e loro hanno bisogno di noi”. Poi il 16: “Non sono per l’anarchia in curva, ma le regole che ci devono essere, non devono mai attaccare diritti e dignità dei tifosi. Hanno ragione a protestare, due pesi e due misure non si fa”. Quindi il 24: “Non è giusto che questa cosa accada solo a Roma e non in tutti gli altri stadi. Speriamo che chi di dovere faccia il proprio lavoro e ci restituisca i nostri tifosi”.
Il dato ancor più curioso è che tre quarti dei giocatori della rosa di prima squadra non ha mai visto e sentito il cuore pulsante del tifo veramente all’opera. Wojciech Szczesny, Alisson Becker, Antonio Ruediger, Federico Fazio, Thomas Vermaelen, Juan Jesus, Bruno Peres, Emerson Palmieri, Mario Rui, Diego Perotti, Gerson, Clement Grenier, Mohamed Salah, Stephan El Shaarawy, Edin Dzeko. Sono quindici giocatori su ventitré.
Proprio così, quindici giocatori su ventitré non hanno mai visto e sentito la vera Curva Sud. La vedranno e sentiranno per la prima volta martedì 4 aprile 2017 per Roma-Lazio di Coppa Italia. Per la prima volta nella massima espressione. Per spingere la squadra in finale, senza più barriere.