Tre minuti a Brescia al posto di Rizzitelli. Vujadin Boskov lo fece esordire il 28 marzo 1993, quando aveva 16 anni e mezzo. La Roma vinse (0-2) con gol di Caniggia e Mihajlovic. Poi altri tre minuti, quindici giorni dopo ad Ancona, entrando al posto di Muzzi (1-1 con rigore di Giannini). Due presenze – seppure lampo – per quel ragazzino biondo, un po’ timido, che sarebbe diventato una stella del firmamento calcistico italiano, europeo e mondiale. Ma Francesco Totti, ancora minorenne, entrò in prima squadra nel campionato successivo (’93-94), il primo del nuovo presidente Franco Sensi che affidò la panchina giallorossa al romano, ed ex romanista, Carlo Mazzone (due presenze da difensore centrale alla fine degli anni ’50). Allenare la Roma: per il tecnico trasteverino un sogno che si avverava. Carlo Mazzone, recordman degli allenatori italiani con 795 presenze in serie A, è stato il primo maestro di Francesco Totti per tre anni: dai 18 ai 20. Anni fondamentali per la formazione, tecnica e fisica, di un atleta. Con Carletto il futuro capitano della Roma passò in pianta stabile dalla Primavera di Spinosi in prima squadra diventandone ben presto assoluto protagonista.
Mazzone, è vero che Totti stava per andare in prestito alla Sampdoria e fu lei ad impedirlo?
«Vero. La società aveva intenzione di mandarlo alla Sampdoria, che lo aveva richiesto, per fargli fare esperienza. Io ero andato già via da Roma, ma convinsi il presidente Sensi, del quale conservo un grande ricordo, a lasciare Totti con la Roma».
Cosa aveva Totti di diverso rispetto agli altri giovani?
«Osservandolo negli allenamenti ebbi subito la sensazione che aveva doti non comuni. In allenamento faceva giocate straordinarie e io mi chiedevo: ma come ha fatto? Gli sarà riuscito per caso? Poi, però, Totti ripeteva la giocata, o ne faceva un’altra, magari ancor più difficile e spettacolare. Allora non poteva essere più un caso: quel ragazzo aveva classe e talento allo stato puro. Ricordo che cercavamo un rinforzo ma un giorno, sempre più convinto del valore di Francesco, dissi in romanesco a me stesso: a Carlè, ma dove lo trovi uno meglio di questo? E il rinforzo fu proprio Totti»
In quel campionato, però, lo fece giocare poco: soltanto otto presenze…
«Non dimentichiamo che Francesco aveva solo 18 anni e doveva crescere. Avevamo giocatori esperti e di valore, in attacco uomini collaudati come Balbo, Fonseca, Hassler. Al giovedì, quando c’era la partita di allenamento, facevo chiamare sempre Totti dalla Primavera per vederlo in azione contro i titolari. Ma per evitare che potesse… montarsi la testa, ne chiamavo altri due o tre. Poi cominciai a portarlo in panchina per fargli prendere conoscenza con il campionato e convinzione nei propri mezzi che già allora erano notevoli. Sono trascorsi tanti anni ma, se non ricordo male, le prime partite di Francesco con me allenatore finirono male perché perdemmo in casa con il Milan (0-2) e poi con la Sampdoria (0-1). Contro il Milan lo feci entrare nel secondo tempo al posto del difensore Garzya. Perdemmo anche il derby con la Lazio (1-0): per la Roma non fu una stagione positiva. Ci classificammo al settimo posto: al di sotto delle aspettative di partenza, ma il presidente Franco Sensi mi confermò la sua fiducia».
A livello caratteriale come era il giovane Totti?
«Un ragazzo nato per giocare al calcio, sempre rispettoso, molto concentrato negli allenamenti. Si vide subito che aveva capacità superiori alla media, insomma era un potenziale fuoriclasse. Come difatti è diventato. Quello che più mi impressionava di lui, al di là delle doti tecniche e tattiche, era la sua forza mentale. Francesco era sicuramente piùmaturo della sua giovane età. Aveva il carisma di un calciatore esperto».
L’esplosione di Totti fu nel successivo campionato ’94-95 quando a 19 anni disputò 21 partite con 4 gol…
«Direi di sì. Aveva già fatto un po’ di esperienza nell’anno precedente e in quel campionato riuscì ad esprimere qualità tecniche fuori dal comune. Francesco non era solo bravo tecnicamente ma aveva anche doti fisiche importanti: reggeva l’urto, spesso duro, dei difensori avversari e non era facile per nessuno metterlo a terra. Inoltre dimostrava già di avere uno spiccato senso del gol. Riusciva a calciare in porta da tutte le posizioni sempre con potenza e precisione. E poi, giocando insieme a elementi di notevole valore come Giannini, Aldair, Balbo, Fonseca, Cappioli, Moriero e altri, il giovanissimo Francesco migliorava a vista d’occhio, di partita in partita».
Ricorda il primo gol di Francesco in serie A?
«E come potrei dimenticarlo? Era la prima di campionato contro il Foggia e lo feci giocare subito dall’inizio. Per Totti fu la prima partita da titolare all’Olimpico e realizzò il suo primo gol in serie A che purtroppo non bastò per battere il Foggia perché finì 1-1».
In quel campionato ’94-95 Totti mise a segno 4 gol. Dopo il primo al Foggia, gli altri 3 gol furono tutti decisivi per le vittorie contro Bari (2-0), Brescia (3-0) e Fiorentina (2-0). La Roma del nuovo presidente Sensi si classificò al quinto posto migliorando la posizione della stagione precedente. Mazzone, cosa ritiene di aver trasmesso al primo Totti che ha sempre avuto espressioni di stima e particolare riconoscenza nei suoi confronti. Francesco ancora oggi la considera, con gratitudine, il suo primo, maestro…
«Dico solo che sono stato fortunato ad avere in squadra per tre anni, nella Roma, un calciatore così bravo, umile, disponibile come Francesco Totti. I miei meriti sono relativi. Devo essere onesto e ammettere di aver avuto più io da Francesco che lui da me. Tecnicamente e tatticamente c’era poco da insegnargli, forse l’ho aiutato a crescere un po’ come uomo. Credo di avergli dato qualche giusto consiglio per diventare professionista. Ricordo anche di averlo seguito attraverso la sua famiglia consigliando l’alimentazione da seguire e certi comportamenti da evitare. Un esempio? A volte, con i capelli ancora bagnati dopo la doccia, Francesco se ne tornava a casa in scooter e allora lo rimproveravo per evitare che potesse ammalarsi. Non dimentichiamo che era un ragazzo molto giovane».
Mazzone, il campionato ‘95-96 fu il suo terzo e ultimo sulla panchina della Roma che si classificò ancora quinta. Totti aveva 20 anni. Disputò 28 partite realizzando 2 gol, entrambi al Bari (andata e ritorno, vinte entrambe 2-1). Ricorda la sua ultima partita da allenatore dell’allievo prediletto Francesco?
«Sono trascorsi molti anni e se la memoria non mi inganna, la mia ultima partita da allenatore della Roma, con Totti in campo, fu all’Olimpico contro l’Inter: vincemmo 1-0 con un rigore di Di Biagio. Successivamente ci siamo incontrati tante volte da avversari ma fra noi è sempre rimasto un bel rapporto di reciproca stima. Una volta durante la partita Brescia-Roma, Francesco cadde davanti alla mia panchina per i crampi e restò a terra dolorante ad una gamba: entrai in campo prima dei sanitari e lo aiutai a rimettersi in piedi pur essendo l’allenatore avversario».
In quella stagione la Roma disputò anche la Coppa Uefa. Dopo aver eliminato gli svizzeri del Neuchatel Xamax e i belgi dell’Eenracht Allst, ai quarti di finale si trovò di fronte lo Slavia Praga che all’andata si impose 2-0. Per superare il turno e raggiungere la semifinale la Roma avrebbe dovuto vincere 3-0 la partita di ritorno. Mazzone, come andò?
«A Praga la temperatura era sotto zero e si giocò sotto la neve su un terreno completamente ghiacciato ai limiti della praticabilità che ci penalizzò perché loro erano più abituati. E vinsero 2-0. Ma non ci arrendemmo convinti di poterci rifare all’Olimpico al ritorno. E c’eravamo quasi riusciti disputando una grande partita, sotto la spinta dei nostri tifosi. Giocammo con una formazione molto offensiva con Balbo e Fonseca davanti, sostenuti da Totti e Giannini, con Moriero e Carboni esterni con compiti propulsivi. A centrocampo c’era rimasto quasi solo Di Biagio. Il primo gol di Moriero riaprì la sfida e con il raddoppio di testa di Giannini pareggiammo il conto con lo Slavia. Poi segnò ancora Moriero sfruttando un magnifico lancio smarcante, proprio di Totti, e sul 3-0 eravamo qualificati noi. Quella sera tutta la squadra disputò una grande partita e avrebbe meritato di passare in semifinale. Sfiorammo perfino il 4-0 e l’Olimpico era in festa. Ma a pochi minuti dalla fine arrivò una beffa davvero atroce per noi: lo Slavia Praga, che si era sempre difeso, trovò il gol, in maniera piuttosto casuale, con un tiro da fuori area, non irresistibile, forse deviato. Quel gol del 3-1 gli consentì di passare il turno. Per tutti noi romanisti una delusione enorme. Una beffa che non potrò mai dimenticare».
Totti ha scelto di restare sempre nella Roma anche se, durante la sua luminosa carriera non sono mancate richieste per lui da parte di club prestigiosi. Ha fatto bene?
«Per me ha fatto bene. Ha preferito restare fra la sua gente che gli vuole bene, vicino alla sua bella famiglia. Anche se, andando in un top club, magari avrebbe guadagnato di più. Ma il denaro non è tutto nella vita, ci sono anche i sentimenti e altri valori. Anche per questo Francesco è diventato un simbolo della Roma».
Come è il suo rapporto con Totti oggi?
«Fra noi è rimasto un bel rapporto basato sulla stima reciproca. Francesco è sempre stato un ragazzo ricco di umanità e sensibilità. Ci scambiamo gli auguri. Quando a marzo ho compiuto 80 anni mi ha inviato un regalo e la sua maglia numero 10 con dedica. Un segno di affetto che mi ha fatto molto piacere e lo ringrazio».
Mazzone se fosse stato ancora allenatore della Roma come avrebbe gestito l’ultimo campionato di Totti? Come ha fatto Spalletti o in maniera diversa?
«Mi sono ritirato ormai da diversi anni e quindi non mi sento di esprimere giudizi su situazioni che non conosco bene. E poi non mi è mai piaciuto il ruolo del professore che sale in cattedra per impartire lezioni senza conoscere a fondo l’argomento. L’allenatore, in questo caso Spalletti, è a stretto contatto ogni giorno con la squadra e meglio di ogni altro conosce le condizioni fisiche e mentali dei calciatori, gli umori dello spogliatoio e tutto quanto ruota intorno. Questo vale anche per Spalletti e la Roma. L’allenatore ha la responsabilità tecnica della squadra e cerca sempre di mandare in campo la formazione che, secondo lui, garantisce la migliore affidabilità. Detto questo bisogna però aggiungere che Totti, anche a a 40 anni compiuti, non può essere considerato come un qualsiasi altro calciatore. Lui è un campione che ha dato tutto se stesso alla Roma e merita il rispetto. Anzi, il massimo rispetto. Per gestire situazioni come questa ci vuole soprattutto buon senso e anche un pizzico di elasticità mentale in più».
Come immagina la nuova Roma senza Totti?
«Vedere Totti in azione è sempre stato un piacere per chi, come me, ama il calcio e l’idea di non vederlo più in campo mi rattrista. Ma gli anni passano per tutti, anche per un grande del calcio come lui. Questa partita contro il Genoa sarà l’ultima occasione per ammirare e applaudire, come merita, il capitano storico della Roma. Ancora una volta l’Olimpico sarà tutto per lui e sono convinto che i tifosi lo saluteranno con una grandissima festa».
Lei sarà all’Olimpico per il Totti Day, ultima recita del suo figlioccio?
«Tornare all’Olimpico per me è sempre un piacere, e stavolta lo sarebbe ancora di più per il congedo di Francesco. Non lo escludo, ci sto pensando».
La bella favola di Francesco Totti capitano e bandiera della Roma, dunque, è ai titoli di coda. Dopo un quarto di secolo trascorso sempre in maglia giallorossa, a quasi 41 anni, il campione lascia il calcio agonistico per diventare dirigente. Passa dal campo in ufficio, appende le scarpe bullonate al chiodo e accende il computer. Contro il Genoa sarà la sua ultima partita. Mazzone, secondo lei come se la caverà nel nuovo ruolo?
«Sono convinto che Francesco, fatta la necessaria esperienza, saprà far bene anche da dirigente perché è un uomo intelligente, equilibrato e conosce le dinamiche del calcio. Secondo me potrà dare ancora molto alla Roma anche nella nuova veste ed è questo il mio sincero augurio che gli rivolgo con particolare affetto. Francesco Totti continuerà ad essere idolo e punto di riferimento dei tifosi giallorossi. E la Roma sarà sempre la sua casa».