Lo strano caso di Mattia Destro e del suo allenatore. Riavvolgiamo il nastro, agosto 2015, stazione di Bologna, 400 tifosi accolgono il top player proveniente da Roma. È l’acquisto più importante della prima estate di Saputo, tanti milioni, 5 anni di contratto. Si riparte da lui. Il popolo rossoblù sogna molti gol per l’erede dei precedenti bomber, da Di Vaio a Signori, fino a Savoldi. Dopo 2 anni e mezzo, a metà avventura, a che punto siamo? Vediamo. Prima stagione appena sufficiente: solo 8 reti, ma anche solo 27 partite, 2.135′. Alti e bassi che s’interrompono a marzo a San Siro con quel singolare infortunio al ditino del piede. Seconda stagione, idem come sopra, nessun miglioramento, senza il salto di qualità: 11 reti in 30 partite, 2.728′. E siamo arrivati a oggi, con il centravanti che contro il Genoa segna la sua 6 rete stagionale, e 4 assist, in 22 partite. La media gol è più o meno quella, ma l’atteggiamento e le prestazioni sono cambiate? Nei primi 2 anni Donadoni ha tirato fuori poco o nulla al giocatore. Quest’anno invece sì. Prima stagione con un ritiro completo e un torneo senza infortuni. L’inizio però è stato sconfortante. La fotografia è quell’errore a Benevento solo davanti al portiere che neppure negli amatori. Sì, poco dopo ha servito l’assist a Donsah, ed è proprio per questo (perché ha colpi da ottimo giocatore) che la delusione per il suo atteggiamento in campo – indolente, apatico, poco battagliero spesso lamentoso, non collaborativo né troppo generoso – è diventata insostenibile. L’arrivo di Palacio ha offerto al tecnico una sponda solida che in passato non aveva. Mattia finisce in panchina 90′ per 4 partite, diventa una riserva, talvolta subentra neppure come primo cambio. Ceffoni, sì, anche sonori, come quei 5′ di fischi all’Olimpico. La cura allopatica (e non omeopatica come prima) ha il suo effetto.
Destro, dopo aver visto gli altri giocare, rientra con maggiore convinzione e fa i primi gol. A Verona sulle due rive, in elevazione col Cagliari, col Benevento e, dopo un bel palo con la Viola, sabato col Genoa. A 30 scatta il «bonus» per la Roma, a cui il Bologna dovrà versare 3 milioni, come da accordi. Gol fin qui tutti pesanti e prestazioni finalmente passabili, se non proprio buone. Così è parso a tutti, tifosi e critica. Non a Donadoni. Non a chi l’ha risollevato. Un’altra panchina a Napoli e con l’Inter ha spiazzato tutti: «Non guardo solo i gol», dice. Reti importanti però, non come quelle dello scorso finale di stagione. Donadoni non è soddisfatto neppure dell’ultima partita, «solo dopo il gol ho visto una buona prestazione, ma io devo valutare i 95′. E anche l’assist non l’ha fatto proprio bene». Spiazzante. Fin troppo delicato in passato quando il giocatore era quasi indisponente, eccessivamente severo ora quando pare essersi svegliato. È successo qualcosa fra di loro? Qualcosa di certo è cambiato. Nella testa del ragazzo, che appare più tonico e sicuro dei propri mezzi. In quella maglia tolta per euforia, in barba al regolamento interno, leggiamo anche un pizzico di ribellione (ma stavolta positiva: ok, vado in panca, ma quando gioco segno e faccio il mio). I due dovranno chiarirsi e il tecnico dovrà spiegare meglio cosa pretende dal suo giocatore. Nessuno l’ha criticato quando è stato messo giustamente a riposo, ma oggi, dopo quella cura efficace ma forse un po’ tardiva, in tanti non comprendono. Destro sui social non pubblica granché, nessun segno d’insofferenza o altro. Donadoni in conferenza stampa «non esalta né abbatte». Vediamo con le prossime 12 partite come va a finire questa stagione (la prossima sarebbe la 4a insieme) e contiamo i gol di questi primi tre anni di Mattia: finora sono 25 e se arriva a 30 il Bologna dovrà pagare un bonus alla Roma di 3 milioni. Tutti sperano che Saputo sia costretto a pagare. Sempre che Destro scenda in campo.