Questione di soldi, ma anche di spazi. E’ un problema comune a tante squadre ma ancora più stringente per una società in cerca di risorse da investire: nella Roma sono già in troppi. E il percorso di rafforzamento della rosa intrapreso da Monchi passa necessariamente da cessioni in saldo come quella di Seydou Doumbia, una specie di DHL ivoriano.
MISTERO – C’è un altro attaccante che la Roma deve piazzare, con la stessa scadenza contrattuale (2019): è Juan Manuel Iturbe, che il Torino ha deciso di non acquistare dopo averne decretato l’impossibilità di recupero. Strana parabola, la sua. Da fuori intriga tutti gli allenatori, da dentro invece li fa arrabbiare. Perché si applica, ferocemente, ma oltre a un certo livello non arriva in partita. La Roma potrebbe portarlo in ritiro in attesa di sistemarlo in una squadra che gli garantisca un po’ di continuità. Di sicuro un talento come lui, pagato 25 milioni tre anni fa, non si può svendere.
DILEMMI – Ancora più preoccupanti – si fa per dire – sono le posizioni di Bruno Peres e Gerson, due brasiliani con storie, età e percorsi di vita differenti, ma accomunati dall’alto prezzo che la Roma ha sborsato per le loro prestazioni sportive solo un’estate fa. Il ragazzino della trequarti è costato 19 milioni, il terzino che non difende quasi 15. Fate i conti: con 34 milioni quanti grandi giocatori si potrebbero comprare? E non parliamo degli ingaggi, che chiamano in causa un terzo brasiliano: Juan Jesus, famoso perché guadagna più del collega di difesa Manolas e molto più di tanti compagni che nella prossima stagione partiranno come titolari. Se qualcuno lo volesse, la Roma lo tratterebbe volentieri. Come Mario Rui, costato 9 milioni e mai entrato in sintonia con l’ambiente: può finire al Napoli per riabbracciare mastro Sarri. E Skorupski? Lui è a metà del guado. Partirà se lo chiederà di fronte a proposte congrue. I problemi di abbondanza sono altrove.