Non guardate gli occhi, guardate il cuore: anche Kolarov, a dispetto dello sguardo glaciale e dell’atteggiamento noncurante, sente forte battere l’emozione. Sono passati sette anni e mezzo ma la Lazio è ancora un ricordo vivo, giustamente mai rinnegato ma sempre nel rispetto dei tifosi di oggi: «Se ho dato il 100 per cento a loro, alla Roma darò il 101» diceva in estate, quando si presentò improvvisamente nel ritiro di Boston, tra le biblioteche di Harvard e i campi di baseball.
INSEGUIMENTO – In settimana, pensando al trasbordo da una squadra all’altra, aveva scherzato con Di Francesco: «Mister non ti emozionare, sono io quello che ha giocato il derby con la Lazio». Stasera invece proverà a eguagliare il record stabilito da Arne Selmosson, primo e unico calciatore a segnare un gol in un derby con entrambe le maglie. Peraltro Selmosson ci riuscì alla prima occasione: trasferitosi dalla Lazio alla Roma nel 1958 per la cifra spaventosa di 135 milioni di lire, diede subito un dispiacere ai vecchi compagni.
COME LORO – Di sicuro, sbucando dal tunnel sotto alla tribuna d’onore dell’Olimpico, entrerà nella galleria virtuale dei calciatori bipartisan: i pionieri del genere furono Fulvio Bernardini, che addirittura in periodi diversi allenò in tutte e due le società, e Attilio Ferraris, il mediano di Borgo Pio, che fu anche il primo a dividere i tifosi per la sua scelta di andare alla Lazio: i romanisti di Testaccio gli gridarono «venduto». Non gradirono i romanisti anche la scelta di Ciccio Cordova, un romano d’adozione, che preferì andare alla Lazio nonostante un accordo già fatto con il Verona.
CODICE – Peggio, molti anni dopo, sarebbe andata a Lionello Manfredonia, a causa del quale il presidente della Roma Dino Viola finì vittima di aspre contestazioni, con la Sud spaccata in due. In seguito Manfredonia, come già ha fatto Kolarov, seppe conquistare la stragrande maggioranza dei romanisti. Lo stesso, a parti invertite, è capitato a Sinisa Mihajlovic, deludente cecchino in giovane età alla Roma e poi leader dello spogliatoio della Lazio dello scudetto. Fabrizio Di Mauro invece sembrava destinato a un futuro longevo nella Roma, sulla scia di Giannini e Desideri, invece venne ceduto alla Fiorentina per 7 miliardi per poi finire per pochi mesi alla Lazio, guardate un po’, segnando in un derby sotto la Nord.