Il sogno di Eusebio Di Francesco, quando ha firmato per la Roma, era chiaro: riproporre in una grande piazza il tipo di calcio che aveva messo in mostra con il Sassuolo, prima promuovendo i nero-verdi dalla B alla A e poi portandoli addirittura in Europa League. Di Francesco crede nel gioco «ad alta intensità»: pressing e riconquista del pallone, possibilmente nella metà campo avversaria; verticalizzazioni e inserimenti dei centrocampisti in zona gol; ampio uso del turnover per avere sempre una squadra aggressiva. Non è un caso che i giocatori più sostituiti, nel suo metodo, sono gli esterni di attacco, chiamati a sdoppiarsi tra 4-3-3 in fase offensiva e 4-5-1 in quella difensiva. Questo tipo di Roma si è visto davvero tra ottobre e novembre, con i picchi di qualità contro il Chelsea, a Firenze e nel derby.
In molte occasioni Di Francesco ha cambiato cinque titolari a partita, ottenendo quasi sempre il risultato che cercava: una squadra ad alta intensità. I problemi, però, sono iniziati quando gli infortuni e i flop di mercato hanno tagliato drasticamente le rotazioni. I risultati sono andati in calando e la squadra ha perso fiducia, anche nel modulo. È così che, dopo una striscia di sette partite senza vittorie (3 pareggi e 4 sconfitte tra il 20 dicembre e il 28 gennaio), la Roma è passata dal 4-3-3 al 4- 2-3-1. Esperimento breve, con le vittorie contro Hellas Verona e Benevento, ma anche con il crollo nella ripresa contro lo Shakhtar Donetsk (da 1-0 a 1-2), che ha convinto Di Francesco a ritornare subito all’amato 4-3-3. Il tecnico ha fatto la sua scelta, che probabilmente sarà valida fino al termine della stagione: giocano i titolarissimi e il turnover sarà ridotto al minimo. Contro gli ucraini, per recuperare l’1-2 dell’andata, rientreranno Dzeko e Fazio (squalificati contro il Torino) al posto di Schick e Juan Jesus.
L’unico altro cambio sarà Perotti per El Shaarawy. È nata così una Roma di intoccabili, ai quali Di Francesco si è legato a doppio filo. Alisson è il giocatore più impiegato: 2520 minuti in campionato più 630 in Champions (non ha giocato solo Roma-Torino di Coppa Italia). Poi ci sono Kolarov (2.307 più 630), Dzeko (2.275 più 628), Nainggolan (2006 più 610) e Fazio (2.022 più 473). Nel mercato di riparazione Di Francesco si è battuto perché Dzeko non fosse ceduto al Chelsea, trovando una preziosa sponda nella moglie del centravanti. Dzeko ha giocato – tra Wolfsburg, Manchester City e Roma – 46 partite di Champions e segnato 12 gol(4 con i tedeschi, 3 con gli inglesi e 5 con i giallorossi). Il gioco della Roma passa soprattutto da lui e dall’amico fraterno Kolarov. In mancanza di un vero regista di centrocampo, la Roma ha adattato i due balcanici al doppio lavoro. Il passaggio del turno vale oltre 10 milioni, tra premio Uefa e incasso. Arrivare in campionato nelle prime quattro ancora di più. Il presente sono i titolarissimi, il futuro non lo conosce nessuno.