Trigoria: interno giorno. Il film in cartellone non sembra di cassetta – la presentazione di Jonathan Silva – ma la controprogrammazione è ottima. Entrato anche lui nella bufera per un mercato non esaltante, la cui conseguenza (al momento) è un quinto posto in classifica, Ramon Rodriguez Verdejo – al secolo calcistico Monchi – ci mette la faccia, spiegando comunque come il pro getto vada avanti.
FARE MEGLIO – «Abbiamo fatto il mercato di cui la società aveva bisogno – spiega –. Sicuramente si poteva far meglio, ma era la linea che dovevamo avere. Certo, sono convinto che devo migliorare. Nessuno può essere contento del 5° posto. Non dobbiamo cercare colpevoli, ma trovare soluzioni. Il primo responsabile sono io, che ho costruito la rosa». Sembra lontano l’entusiasmo del giorno della presentazione, quando Monchi diceva: «Qui non c’è scritto “si vende”, c’è scritto “si vince”». «È vero – ammette – ma un d.s. talvolta deve dire qualcosa per proteggere la società. Credo comunque che guardare indietro non mi aiuti. Devo lavorare per costruire una Roma più vicina a quello che i tifosi vogliono. Oggi siamo distanti, è il momento di stare zitti e lavorare di più. È il momento di mettere sul tavolo quello che abbiamo dentro e di capire che i tifosi sono arrabbiati. Questa società oggi ha un livello strutturale molto importante; dobbiamo esserlo anche a livello sportivo. Non cerco alibi e mi assumo le responsabilità, ma il lavoro di un d.s. non è solo il lavoro del presente. Sarebbe più facile pensare solo a me, ma per un direttore per prima cosa c’è la Roma, per seconda c’è la Roma e dopo se stessi. Ogni stagione si impara. Io 67 anni fa ho imparato che quando uno fa un acquisto, e questo acquisto non va bene, la cosa migliore è fermarsi. Così ho fatto con Moreno, al quale sarebbe stato più facile dire “continua’. Ma credo non sia andato bene, dobbiamo riconoscerlo».
ALLA UEFA – Come si capisce, Silva – che non sa quando potrà essere disponibile (forse a metà mese) – fa da comparsa. Da terzino sinistro, spera di dare un contributo e di poter restare. «Sono impressionato dalla Roma», dice timido. A fare gola, ai cronisti, però, è l’incontro in formale con i massimi dirigenti del club che, al netto di qualche curiosità (il 29 gennaio è stata respinta un’ottima offerta per El Shaarawy), è ruotata anche in torno alle ragioni di bilancio. In sintesi: la Roma, al momento, costa più di quanto ricava. E allora: o si abbattono i costi di gestione (che per l’80% riguardano gli ingaggi) e si limita la competitività, oppure si tengono alti, recuperando il dislivello attraverso le plusvalenze ottenute con le cessioni, che per quasi tutti i club (escluse le eccellenze) è la prima forma di finanziamento. Quindi la Roma continuerà su questa strada, tenendo conto che entro il 15 febbraio è attesa a Nyon per discutere lo sforamento del «financial fair play». Ma visto il percorso virtuoso intrapreso – e l’operazione Emerson lo conferma – si spera solo in una lieve sanzione. Poi, tenendo conto che Pallotta, anche volendo, non potrebbe iniettare denaro fresco, anche l’arrivo di un «main sponsor» (a breve) sarà importante.
SORPRESO – A Monchi, però, giustamente importa della squadra. «I calciatori che abbiamo preso cominceranno a giustificare i loro acquisti. Per me questa squadra ha tanta qualità, ecco perché sono sorpreso dal rendimento attuale». E l’allenatore? «Non è un tema». Come dire: si va avanti con lui. Il sottotitolo è per i giocatori: svegliatevi.