La Roma del futuro nasce a Londra. Tutti insieme, nella stanza di un hotel pluristellato, il presidente Pallotta, il braccio destro Zecca, il super consulente Baldini, il dg Baldissoni, il ds ad interim Massara, la consigliera commerciale Colligan. E il direttore sportivo del futuro, Ramón Rodríguez Verdejo, per tutti Monchi. È arrivato a Gatwick intorno alle 18.45 da Siviglia su un volo EasyJet, in serata ha firmato il contratto che lo renderà il braccio operativo del mercato romanista. A novembre, sempre a Londra, dove ieri ha impugnato la penna e siglato il triennale con il club giallorosso, aveva visto per la prima volta Pallotta e Baldini: era già tutto deciso, in quel momento. Serviva solo che Monchi decidesse di interrompere, dopo 17 anni a capo della directoria deportiva, il matrimonio con il suo Siviglia. Forte del rapporto quasi simbiotico con società e tifoseria, lo spagnolo ha già chiesto al club di rinunciare alla clausola da 5 milioni sul contratto fino al 2020, e di liberarlo gratuitamente. Ha deciso di lasciare l’Andalusia e l’appartamento di Calle Santo Rey, 900 metri dall’Alcázar, perché “ormai il direttore sportivo ha fagocitato l’individuo“. Di fatto, dopo l’ interregno di Ricky Massara (che ora dovrà decidere se restare da collaboratore) Pallotta ha scelto l’erede di Sabatini, il ds con cui era finito ai ferri cortissimi nonostante abbia portato 230 milioni di plusvalenze dal 2012 a oggi con la compravendita dei calciatori. E costruito la squadra salita stabilmente ai primissimi posti della serie A. A Monchi, Pallotta chiederà qualcosa del genere: l’obiettivo da seguire è il “modello Marquinhos“, stellina presa dalla Roma a due soldi e rivenduta a peso d’oro.
Magari, provando a vedere se tra l’acquisto e la cessione delle nuove star si riuscirà a colmare il vuoto di questi anni: vincere un trofeo. «Spenderemo di più quando avremo lo stadio, ora si va avanti col progetto giovani», disse Mr President dieci giorni fa. Monchi, uomo da 300 milioni di plusvalenze in dieci anni, è l’uomo giusto. Ha portato il Siviglia dalla serie B a vincere tre Europa League consecutive. Ha un figlio che studia a Londra dove potrà passare più tempo, ha iniziato studiando diritto ma avrebbe voluto fare politica. Soprattutto, ha un fiuto per comprare giocatori apparentemente normali e rivenderli campioni: Dani Alves, Kondogbia, Bacca, Gameiro, solo alcuni dei suoi colpi. A Roma potrebbe portare Kessie, anche se l’affare non è chiuso, magari anche Navas dal City, cresciuto con lui a Siviglia. Dove lavorava con sedici collaboratori. Metodo semplice: 400 giocatori visionati all’anno, ad aprile scrematura a 150/200, circa 15 per ruolo. Si prepara una scala gerarchica col tecnico e poi ci si mette a caccia. Il primo obiettivo sarà sostituire Manolas, promesso all’Inter e protagonista di qualche uscita infelice («Per vincere bisogna abituarsi a città con la pioggia, se vogliono tenermi sanno cosa fare») che al club non sono piaciute. La questione più calda però è l’allenatore: proverà a tenere Spalletti, la prima scelta del club. In alternativa sogna di portare Sampaoli, o magari Emery. Difficile strappare al Napoli Sarri, a Baldini piace invece Gasperini. Mentre Mancini, alla finestra, aspetta.