«Ramon, ci sveli qualcosa sul tuo futuro?». «Mi spiace, non è ancora il momento». Non più tardi di un paio di settimane fa, il giorno dell’inaugurazione della nuova sede del club all’Eur (22 febbraio), Monchi dribblò così le domande sulle voci, sempre più insistenti, che lo volevano lontano dalla Roma. L’utilizzo dell’avverbio ancora era semplicemente il prologo di quanto accaduto nelle ultime ore. L’esonero di Di Francesco e l’ingaggio di Ranieri, i rapporti azzerati con Pallotta (non è un caso che ieri nel comunicato ufficiale a ringraziare il ds sia stato il Ceo Fienga e non il presidente) più la sensazione iniziale, ormai divenuta certezza, che ogni sua decisione dovesse ricevere l’avallo del consigliere di Londra (Baldini, ndc), gli hanno fatto fare in anticipo un passo indietro. Proprio nella City, partirà a breve la sua nuova avventura: l’Arsenal e Emery lo attendono. L’ex ds ha affidato ai social il suo commiato: «C’è voluto un secondo per scegliere la Roma, sarà impossibile dimenticarla». A Trigoria per ora è stato promosso Massara. Ma la partita è aperta: dall’arrivo di Ausilio al corteggiamento per Giuntoli più l’outsider Petrachi, i candidati non mancano. Come chi si propone (Mirabelli).
EUFORIA E GELO Monchi se ne va – dopo aver effettuato ieri una transazione sui bonus maturati nel suo anno e mezzo in giallorosso – con un carico di speranze naufragate. Il 3 maggio del 2016 s’insedia a Trigoria dicendo di aver scelto la Roma «perché qui potrò essere Monchi». E in effetti, all’inizio, sembra aver preso realmente il testimone di Sabatini, potendo sfoggiare in più un curriculum di successi. Annuncia così l’addio di Totti al calcio, promette un futuro roseo («Si può colmare il gap con la Juventus») e risponde stizzito a chi gli chiede se sia venuto qui per far quadrare i conti («La Roma non ha un cartello al collo con scritto si vende’, ma uno con scritto si vince’»). Nel giro di 45 giorni arriveranno le cessioni di Salah, Ruediger (negata pochi giorni prima) e Paredes. Non il miglior avvio. Ma Monchi e il suo metodo meritano fiducia. Il ds si contraddistingue subito per una gentilezza e un savoir-faire fuori dal comune. Persona garbata che si guadagna il rispetto dei media e dei tifosi, ai quali promette a Pinzolo: «Ci vediamo al Circo Massimo». Una battuta che in seguito gli verrà rinfacciata spesso. Il primo mercato si caratterizza nell’attesa per l’esterno Mahrez: alla fine arriverà Schick, una seconda punta.
Nella sessione di gennaio, oltre alla telenovela Dzeko, promette che avendo Emerson e Schick ristabiliti, «saranno loro i rinforzi». Dieci giorni dopo il brasiliano firma per il Chelsea. La semifinale di Champions fa dimenticare un campionato contraddistinto da alti e bassi, terminato comunque al terzo posto. Si riparte con quella che da tutti viene considerata la prima vera campagna acquisti di Monchi. Lo scippo di Malcom sanato con l’arrivo di Nzonzi, preceduto da Pastore, una nidiata di giovani impreziosita da Zaniolo, Kluivert, Cristante, Olsen e Marcano fa da contraltare alle partenze di Alisson, Nainggolan e Strootman. La piazza inizia a interrogarsi. Il resto è storia recente: dalla difesa strenua di Di Francesco al battibecco di Oporto con i tifosi. In precedenza, agli «Ask Monchi» di Pallotta replica a gennaio con il primo strappo in pubblico: «Per fare mercato bisogna avere i soldi». A tal proposito, qualche numero: nella sua gestione, 21 calciatori acquistati per 264,7 milioni spesi; 223 quelli guadagnati (che potrebbero lievitare a 260 a bonus maturati). De «ganar», però, nemmeno l’illusione.