Diciamocelo con onestà. Ogni volta che si sta per sentire il fischio d’inizio di una partita della nostra Roma, quest’anno la domanda è soltanto una: quale Roma vedremo? Quella, per esempio, convincente e sfortunata apprezzata contro il Milan, o quella demoralizzante e fortunata seguita con le mani nei capelli nell’ultima partita contro il Bologna? Domande che potrebbero essere legittime a settembre, non a febbraio inoltrato quando possono essere incubatrici soltanto di grandi preoccupazioni. Che poi sono quelle di tutti o quasi i tifosi giallorossi. Anche perché si possono aggiungere anche altre domande: con quale modulo giocherà la Roma? Qual è la formazione titolare? Perché tanti infortuni muscolari?
Insomma, una serie di interrogativi che, nella pratica, si sono trasformati in una stagione sulle montagne russe, tre partite male, poi tre bene al punto da illudersi che il peggio sia alle spalle, per poi ricadere a fondo. Provando a consolarsi con l’idea che si sia toccato davvero il fondo, per poi scoprire che si può anche fare di peggio. Questa altalena di sensazioni, la Roma di quest’anno ce l’ha fatta vivere non meno di cinque-sei volte, l’ultima lunedì scorso contro il Bologna, appena quattro giorni dopo la convincente prova in Champions con il Porto che, sotto la torre degli Asinelli capiranno, è un tantinello più forte della pur rinnovata e rinvigorita (dal mercato di gennaio) squadra di Mihajlovic. (…)
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