Nun glie da’ retta, Danie’. Non è finito niente. E’ tutto lì, per sempre. Come per Rocca, Ago, Peppe, Checco. Ha deciso l’Azienda, non la Roma, la tua, la nostra Roma. E’ tutto lì. Incancellabile. L’esordio, prima volta di una storia lunga 615 partite. Il rigore in Supercoppa. La rete a Manchester, la più bella, perché «io sono tifoso della Roma anche quando perdiamo 7-1». La maglia strappata per la gioia, quella maglia che «me la tolgo per regalarla ai tifosi».
I baci alla maglia, solo te ne avevi diritto. La mano sul cuore. La scalata in Curva Sud. L’arrampicata sulla traversa. Quel gol a Siena andato a festeggiare dalla tua gente. L’idea, condivisa con la società, di andarsi a fare tutti insieme una foto sotto la Sud perché quelle maledette barriere erano un insulto all’intelligenza.
Il senso dello spogliatoio per la Roma, le parole e gli insulti in difesa di Dzeko, quel fidatemi di me per Kolarov, l’investitura a Cristante nella tua ultima (per ora) conferenza stampa a Trigoria. Quel gol a Livorno, prima vittoria di 10 consecutive, con Sabatini che stava svenendo in tribuna, quello stesso Sabatini che ti sei abbracciato prima della partita con la Samp, vinta con un tuo gol, l’ultimo (anche se stasera, magari perché no) della tua avventura con i colori del tuo cuore.
FONTE: Il Romanista – P. Torri