Quella di Parma è stata la sua diciannovesima partita consecutiva da titolare: con 1958 minuti giocati in stagione, Steven Nzonzi è il calciatore di movimento più utilizzato da Eusebio Di Francesco, secondo solamentea Robin Olsen. Numeri che da soli dovrebbero bastare per «giustificare» il suo acquisto da parte del d.s. Monchi, che la scorsa estate ha dirottato sul campione del mondo francese 30 milioni di euro dopo il grande rifiuto dell’attaccante esterno brasiliano Malcom, finito al Barcellona. Eppure finora Nzonzi sembra non aver convinto proprio tutti, probabilmente perché le sue giocate non sono appariscenti come quelle di un attaccante, o forse perché non ha lo scatto bruciante alla Nainggolan o il tiro da fuori di Kevin Strootman, calciatori che nella Capitale hanno lasciato un grande ricordo e con i quali il francese deve continuamente confrontarsi.
Nzonzi per Di Francesco, però, c’è sempre, e non solo perché nel suo ruolo mancano delle vere e proprie alternative a causa del lungo infortunio di De Rossi (il capitano continua a lavorare ogni giorno a Trigoria per accelerare il più possibile i tempi del suo rientro), ma soprattutto perché in pochi mesi è diventato un punto di riferimento imprescindibile per i compagni, in una squadra che dopo le cessioni eccellenti a centrocampo, come ha ammesso lo stesso De Rossi, per un periodo si è sentita allo sbando.
Merito di una leadership che si è guadagnato grazie ad un carattere riservato e a una grande umiltà, nonostante sia entrato nello spogliatoio romanista con il titolo di campione del mondo che aveva appena conquistato in Russia. «Tiene mucho futbol» disse Monchi il giorno della sua presentazione. Poche parole che rendono bene l’idea di quanto il «polpo» sia fondamentale per il gioco della Roma anche dopo il passaggio al 4-2 3-1, nonostante fosse stato preso per giocare davanti alla difesa nel 4-3-3. Un po’ di numeri: nel girone di andata Nzonzi ha tentato 1043 passaggi, gliene sono riusciti 926, cioè l’88,8%, con una media di 63,7 a partita.
Una percentuale di riuscita clamorosa e non solamente perché, come dicono quelli che ancora non lo apprezzano, fa passaggi facili. Piuttostoèla conferma di come, nel momento della difficoltà, la squadra si appoggi su di lui. È vero che la percentuale cala (76,9%) quando tenta i lanci lunghi, ma lo è altrettanto che non è quella la sua caratteristica principale. Un solo gol finora al suo attivo, quello che ha aperto la strada alla vittoria giallorossa ad Empoli, ed uno annullato al Meazza col Milan alla terza giornata che avrebbe regalato un punto d’oro ai giallorossi: può e deve fare di più, soprattutto perché la Roma è già andata a segno dodici volte in stagione sugli sviluppi dei calci piazzati. Magari ci riuscirà alla ripresa con il Torino, quando al suo fianco avrà ancora una volta Bryan Cristante, in attesa del ritorno di Daniele De Rossi.