Non c’è pace in via Allegri. Carlo Tavecchio non ha ancora finito di spiegare le ragioni delle sue dimissioni che dagli Stati Generali del Coni arrivano le parole di Malagò: «C’è la volontà di commissariare la Federcalcio». Una volontà per adesso politica e soltanto gli avvocati, nel giro di 48 ore, chiariranno se alle intenzioni potranno seguire i fatti. Ma l’euforia del primo pomeriggio lascia il posto alla prudenza della sera.
Tavecchio ha appena tolto il disturbo, ma il calcio resta nella bufera, una nave in balìa degli eventi. Lo scontro tra Coni e Federcalcio è totale. Una partita che finisce ai supplementari, piena di spine. Malagò ha messo in agenda per domani pomeriggio alle 16.30 una riunione straordinaria della Giunta Coni. In partenza doveva essere l’atto di sfida al calcio o perlomeno a un certo tipo di calcio perché, secondo il vertice dello sport italiano, con le dimissioni di Tavecchio la Figc è ingovernabile. Il desiderio politico rischia però di scontrarsi con le possibilità giuridiche. I legali di Malagò stanno cercando una strada, un appiglio, ma la strada è in salita e la soluzione non scritta. In Federcalcio poi sono battaglieri. Si è dimesso Tavecchio, non i consiglieri, neppure quelli che avevano minacciato di farlo. E se il Coni allungherà le mani sul palazzo federale, saranno scintille.
Renzo Ulivieri, vicepresidente e sempre a fianco di Tavecchio, si lancia in una provocazione alla fine del Consiglio federale: «Se viene Malagò sono pronto a incatenarmi un’altra volta». Siamo alle solite. Coni e Federcalcio sono all’antitesi. Il presidente dimissionario, che punzecchia Malagò, arrivando a imitarlo in francese («Chapeau, chapeau…») vorrebbe rimanere, come era accaduto con Abete nell’estate turbolenta del 2014, per gestire l’ordinaria amministrazione e indire le elezioni entro 90 giorni. Invece il capo dello sport italiano va oltre. Nella sua testa intende azzerare tutto per pianificare un progetto di riforme. Ma non vuole fare il passo più lungo della gamba. Ha allontanato Tavecchio e già questa è una vittoria. Se non avrà garanzie, difficilmente percorrerà una strada tanto impervia.
Le prossime ore saranno determinanti. Gli avvocati stanno lavorando, sia quelli del Coni, che quelli della Federcalcio. Se il Coni avrà via libera domani la Giunta straordinaria dovrà indicare il nome del commissario e la durata del suo mandato, che difficilmente sarà inferiore ai sei mesi. Malagò ha sempre pensato di poter diventare l’uomo della provvidenza, ma nelle ultime ore ha rivisto il concetto. «Ho un’agenda molto complicata e tra 90 giorni un’Olimpiade in arrivo dall’altra parte del mondo. Penso che sarebbe di buon senso trovare un’altra soluzione». L’idea è quella di un grande giurista, come lo è stato Guido Rossi ai tempi di Calciopoli. E magari affiancarlo a un ex calciatore di spessore. Il primo della lista dovrebbe essere Billy Costacurta. Il commissario, eventualmente, dovrà anche scegliere il c.t. Malagò, come Tavecchio, spinge per Ancelotti. Sale però la candidatura di Mancini e resta forte quella di Ranieri.
Ma se la Federcalcio sarà commissariata almeno uno dei consiglieri federali farà ricorso al Tar. Così si salirà di livello e lo scontro finirà nelle aule di tribunale. In Figc sostengono che quella di Malagò sia un’invasione di campo e sventolano l’articolo 24 comma 9 delle norme federali, che spiega come in caso di dimissioni del presidente sia destinato a cadere l’intero Consiglio, ma si va avanti in regime di prorogatio. La battaglia infuria. Il Coni vuole mettere le mani sulla Federcalcio, che si ribella. La serie A ascolta e osserva. Molti stanno con Tavecchio. Altri no, come De Laurentiis e Cairo che è in una posizione di attesa anche se vedrebbe di buon occhio un’assunzione di responsabilità da parte di Malagò. Fassone avrebbe preferito che il Consiglio federale si pronunciasse su Tavecchio quando anche le Leghe di A e B fossero state rappresentate. Tutto è in gioco. La partita è appena cominciata.