Nelle mani della Roma è rimasta davvero una carta sola. Ma è una carta da più di 2 miliardi di euro. Lo slittamento a domani dell’appuntamento con la sindaca Raggi ha stupito. Ma mai quanto il graffio di Grillo. La volontà di annullare la delibera di pubblico interesse per spostare lo stadio in un’altra area, con le sue inevitabili conseguenze economiche, convince il presidente romanista Pallotta a dettare un tweet. Che sa di “minaccia” velata, ma non per questo meno concreta: “Ci aspettiamo un esito decisamente positivo dall’incontro in programma venerdì. In caso contrario, sarebbe una catastrofe per il futuro dell’AS Roma, del calcio italiano, della città di Roma e francamente per i futuri investimenti in Italia“. E una catastrofe per lui, che perderebbe finanziamenti per oltre un miliardo. Ma pure per il Comune di Roma. Una cosa è certa: se nell’incontro di venerdì i Cinquestelle insisteranno sull’idea di spostare lo stadio altrove (Fiumicino), le parti non potranno che collidere. Per i proponenti è «impossibile ripensare altrove l’impianto».
E il rischio esondazioni paventate da Grillo trova risposta nei proponenti: «Con i lavori di messa in sicurezza del fosso di Vallerano, l’area di Tor di Valle sarà idonea a ospitare il progetto e non più a rischio esondazione». E il dg della Roma Baldissoni rincara: «Sullo stadio dette una quantità industriale di sciocchezze». Trigoria è convinta che per domani l’Avvocatura a cui Raggi ha chiesto numi sulla possibilità di annullamento della delibera sul pubblico interesse firmata con Marino nel 2014, avrà dato parere negativo. E quindi, forte anche del “parere favorevole” al progetto firmato dalla Sovrintendenza capitolina , potrà fa valere la “minaccia” di una causa di risarcimento. Una causa da oltre un miliardo, visto che l’Avvocatura ha stimato il valore in 400 euro a cittadino, da moltiplicare per 2,8 milioni di romani. A cui aggiungere mancate entrate fiscali per 840 milioni e circa 200 milioni di opere pubbliche in fumo.
Ovviamente, con la partita politica ancora tutta da giocare, cade in secondo piano l’eventualità di richiedere alla Conferenza di Servizi una ulteriore proroga di 30 giorni (complice anche l’apposizione di vincolo della soprintendenza). Curioso arrivare a questo punto dopo gli incontri carbonari di dicembre tra Casaleggio junior e il tandem Roma-Parnasi, che sembravano aver costruito un ponte solidissimo tra M5S e proponenti. La giornata di ieri al contrario segna la fine della liason, con Raggi costretta a prendere tempo dopo aver per giorni accarezzato la pancia del tifoso. Ma Pallotta negli States fatica sempre più a rassicurare i finanziatori, che per tenere fermi i fondi destinati all’opera vogliono adesso certezze a livello burocratico. Così, se da qui a domani lo scenario cambiasse ancora e la giunta dovesse proporre soltanto di rimettere mano alla bozza di accordo per tagliare ulteriormente le cubature, troverebbe una disponibilità da parte della Roma.
Inevitabile che la nuova spaccatura abbia finito per armare le battaglie dei tifosi. L’attenzione sollevata dalla Roma sulla questione stadio ha costituito un fronte saldissimo. Dopo il flash mob al Circo Massimo del comitato del sì, tanti minacciano di votare “contro“. E compare anche una sorta di manifesto on-line che avverte: “Se non si farà lo stadio, le piazzate degli adepti grillini contro il progetto diventeranno una barzelletta rispetto a quello che faremo noi. Romperemo tutti i giorni perché l’area ridotta a discarica sia riqualificata così come previsto dal progetto. Senza stadio, senza torri, ma l’area deve essere riqualificata e dovrete farlo voi. E se non lo farete dimostrerete al mondo chi siete. Vi staremo col fiato sul collo, non avrete più scuse e prima o poi arriveranno le elezioni“. Lo zoccolo duro dei romanisti ha abbandonato il Movimento in nome dello Stadio. La Roma che farà?