Una volta sono le gambe «che non riescono più a fare quello che dice loro la testa». Un’altra è offrirgli l’unico lavoro che proprio non gli va di fare, cioè «l’ottimo ambasciatore dei nostri brand» per «fare un sacco di soldi con i suoi sponsor in giro per il mondo». Quando il presidente Pallotta parla di Francesco Totti, negli States, volano pietre. Questa volta ha esternato dall’amico Charlie Stillitano, vero boss del calcio a stelle e strisce, nella trasmissione The Football Show, sulla radio SiriusXM, prospettando per Totti il futuro che gli piace di meno: l’uomo immagine. Dicono in molti che Pallotta, a casa sua, si senta molto più rilassato nel parlare di calcio. Per gli ottimisti è un bene: le frasi non vanno prese come oro colato, sono un modo americano di parlare di sport senza le tensioni degli italiani. Per i pessimisti è un male: Pallotta, a suo agio, dice davvero quello che pensa.
Di sicuro non si sentiva il bisogno di riaprire una polemica che Monchi, con grande diplomazia, ha provato a smussare subito dopo il suo arrivo. Il nuovo d.s. ha promesso a Totti un posto vicino a lui, per insegnargli i trucchi del mestiere e ricevere in cambio dal Capitano le chiavi per capire Roma e soprattutto la Roma. Un ruolo che a Totti piace e il modo giusto di entrare in contatto con lui. Le parole di Pallotta, che prevedono un ruolo di immagine e non operativo, possono causare una rottura? Di sicuro non hanno fatto piacere a Totti, aumentando i suoi dubbi. C’è spazio, in questa società, per cercare il futuro che vorrebbe? Per Zdenek Zeman no. L’allenatore che ha trasformato Totti da diamante grezzo a pietra preziosa ha parlato a Radio Due: «Totti ha ancora voglia di giocare, negli Stati Uniti, lo vorrebbero. Lui non deve fare l’ambasciatore, deve giocare e spero possa farlo ancora in una squadra importante. Ho parlato con lui la scorsa settimana, vuole ancora giocare ma dipende dalle condizioni. Totti al Pescara? Penso voglia fare ancora qualcosa di competitivo, ma, nel caso, sono sempre pronto a fargli un provino».
Ha un’idea opposta, invece, il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che è tornato sull’addio alla maglia giallorossa di Totti, a margine del premio Pietro Calabrese: «Credo che se Francesco aveva una mezza idea di andare avanti, quello che è successo dopo Roma-Genoa gli ha fatto mettere tutto dentro al cassetto, il suo bellissimo cassetto. È stata una cosa talmente emozionante che è andata oltre il calcio». Chi avrà ragione? Difficile dirlo adesso. Di sicuro Pallotta ha scelto una strada diversa da quella che Florentino Perez, al Real Madrid, ha preparato per Zidane dopo il ritiro del campione francese, nel 2006: prima un periodo sabbatico e poi tanti «assaggi». Zizou ha fatto il consigliere personale del presidente, il co-direttore sportivo al fianco di Pardeza, il vice di Carlo Ancelotti, l’allenatore della seconda squadra (il Real Madrid Castilla) e dal 4 gennaio 2016 l’allenatore della prima squadra. Ci ha messo un po’, ma questi sono i risultati: due Champions di fila e il doblete con la Liga che mancava dal 1958. È bastato aspettare. Non lo si può fare per il più grande che la Roma abbia mai avuto?