Non ha collaborato. O, in ogni caso, se lo ha fatto, non ha fornito alcun elemento utile. Per questo Luca Parnasi, arrestato il 13 giugno scorso nell’ambito dell’inchiesta sullo stadio della Roma, deve rimanere in carcere. Lo ha deciso il gip Maria Paola Tomaselli che ha detto no alla richiesta di scarcerazione avanzata dalla difesa del costruttore. Per il giudice, l’imprenditore indagato, durante il suo interrogatorio fiume davanti al procuratore aggiunto Paolo Ielo e al pm Barbara Zuin, si è limitato ad ammettere l’ovvio. Fornendo chiarimenti sul suo ruolo di amministratore della Eurnova e sui suoi collegamenti con la politica, ma senza fornire alcuno spunto che non fosse già emerso dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo comandati dal generale Antonio De Vita. Per di più, per il gip, sarebbe impensabile scarcerare lui ( anche se ai domiciliari), quando i suoi collaboratori sono ancora detenuti, su decisione del Riesame. Ora la parola passa alla Cassazione che mercoledì valuterà la posizione di Parnasi.
Non è l’unico guaio giudiziario: il costruttore è indagato per concorso esterno nella bancarotta della Sais Spa, la società che possedeva i terreni a Tor di Valle. Insieme a lui, è iscritto anche l’allora responsabile legale della società dei fratelli Papalia. Secondo il pm Mario Dovinola, che sta lavorando sulla denuncia dell’associazione Tavolo della libera urbanistica depositata dall’avvocato Edoardo Mobrici, nel passaggio di proprietà dalla Sais all’Eurnova sarebbe stata compiuta una distrazione che poi ha portato nel 2014 al fallimento della società. In particolare, attraverso la sottoscrizione di due contratti, il secondo dei quali a svantaggio della Sais. Mentre col primo accordo, dell’aprile 2012, il passaggio del terreno a Eurnova era fissato alla cifra di 42 milioni di euro, a condizione che il Comune desse l’ok alla trasformazione dell’area. Col secondo contratto, giugno 2013, il terreno è stato ceduto direttamente, pagando una caparra di 600mila euro e fissando il prezzo a 21 milioni: l’altra metà sarebbe stata data solo con la stipula della convenzione urbanistica. La Sais è fallita 11 mesi dopo. All’indomani, però, aveva provato la strada del concordato preventivo. Il tribunale fallimentare l’ha dichiarato inammissibile, proprio per il rapporto di dipendenza economica dalla Eurnova. Tra le due società, infatti, c’era in ballo anche il progetto Ecovillage, l’operazione immobiliare di Parnasi mai avviata sul comune di Marino e finita in un fondo immobiliare.