Resta detenuto nel carcere di Rebibbia Luca Parnasi, l’imprenditore arrestato lo scorso 13 giugno nell’ambito dell’inchiesta sul nuovo stadio della Roma. Il gip Maria Paola Tomaselli ha respinto l’istanza di modifica della misura cautelare che era stata presentata dai legali del costruttore dopo il lungo interrogatorio cui era stato sottoposto la scorsa settimana, davanti ai pm, che avevano poi dato parere favorevole ai domiciliari. Si è limitato a fornire chiarimenti sul suo ruolo di amministratore della Eurnova nella vicenda legata al nuovo stadio della Roma e sui suoi collegamenti con il mondo della politica ma senza offrire nulla di più di quello che non fosse già a conoscenza degli inquirenti. Per il gip che in 7 pagine di ordinanza ha negato i domiciliari, Parnasi ha parlato, anche con spiegazioni molto articolate, di circostanze già note e già provate da chi indaga. Insomma, Parnasi non è andato fino in fondo quando avrebbe potuto fare diversamente. E per il gip non gli si può concedere un trattamento di miglior favore (per l’appunto i domiciliari, con il via libera della Procura) a fronte del fatto che tanti altri indagati, tra cui molti stretti collaboratori alle sue dipendenze e sui quali Parnasi non ha detto nulla, continuano a stare in cella.
Ed entro oggi arriverà la decisione del Riesame che si è riservato in merito alla richiesta di revoca o attenuazione delle misure cautelati presentata due giorni fa dai legali dei due politici arrestati per corruzione: il consigliere regionale del Pd Miche Civita (sottoposto a obbligo di firma) e l’ex vicepresidente del consiglio regionale Adriano Palozzi, di FI. Intanto prosegue l’attività istruttoria degli inquirenti che indagano per associazione a delinquere, corruzione, traffico di influenze, frodi fiscali e finanziamenti illeciti. Secondo i pm, il gruppo Parnasi avrebbe tentato di «oliare» i vari passaggi dell’approvazione del piano mettendo in atto una corruzione che il gip definisce «sistemica». Per arrivare all’approvazione del progetto dello stadio, Parnasi si sarebbe servito tra gli altri dell’avvocato, ex presidente di Acea, Luca Lanzalone, finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione, che per la giunta Raggi seguiva la trattativa sulla modifica del piano e che in cambio dell’aiuto fornito avrebbe ricevuto incarichi e consulenze per 100mila euro. Intanto restano in cella i manager del gruppo Parnasi, Giulio Mangosi (cugino del costruttore) e Gian Luca Talone (commercialista): il gip ha respinto le loro istanze di scarcerazione.