Aldair, ha trascorso 13 anni a Roma e il suo numero di telefono è italiano. Vive ancora in Italia?
“Ho una casa in Brasile, nello stato di Espírito Santo, a nord di Rio de Janeiro. Ma ho anche una casa alla periferia di Roma e trascorro la maggior parte del mio tempo lì. In questo momento, curiosamente, sono in Brasile”.
Quindi non vedrà Roma-Porto allo stadio? “Non so se sarò lì in tempo. Vado spesso all’Olimpico, ma probabilmente questa volta non ci riuscirò”.
Conosce il club come nessun altro. Cosa manca alla Roma per vincere più titoli? “Il club ha subito molti cambiamenti, sia nella direzione che nella parte tecnica. E questo sicuramente non aiuta. Penso che le cose siano migliorate negli ultimi anni, ma il modo di pensare non è ancora abbastanza ambizioso. Non posso dire che la Roma abbia la dimensione europea di altri giganti, come Barcellona o il Real Madrid, perché mancano titoli nazionali e più presenze in Champions League”.
In 13 stagioni a Roma, Aldair ha vinto solo il campionato 2000/01. Questo dimostra la mancanza di coerenza del club? “Esattamente. Abbiamo avuto buone squadre, giocatori eccellenti, ma non ha acquisito ancora una grande mentalità. Nelle mie ultime quattro stagioni, tra il 1999 e il 2003, ho sentito il club cambiare, crescere. Abbiamo avuto squadre fantastiche. Basta parlare di Batistuta, Totti, Walter Samuel, Montella… Il potenziale era gigantesco e il titolo 2000/01 era il corollario di tutte queste grandi squadre”.
Ha parlato di Totti. Cosa è cambiato a Roma dopo che ha smesso di giocare? “E’ ancora difficile per me vedere la Roma giocare e non avere Francesco in campo. E’ nato e cresciuto con il club. Posso dire che negli ultimi tempi era al limite delle abilità fisiche. Il club continua e tutti sanno che Francesco Totti sarà in futuro un manager di grande importanza nel club. A questo punto non ha ancora grandi poteri, ma sta imparando. È molto intelligente e sarà per sempre connesso con l’AS Roma”.
Torniamo ad Aldair. La sua connessione con Roma è stata così grande che il club ha deciso di ritirare la maglia numero 6… “Ma sono sempre stato in disaccordo. Ci sono diversi nomi più importanti di me nella storia della Roma. È una buona cosa che il club abbia ricominciato a far indossare la maglia numero 6. Penso che sia stato con l’ingaggio di quel ragazzo olandese (Strootman, nel 2013). Amo la Roma, ho avuto una connessione fantastica con il club, ma non volevo vedere ritirata la mia maglia. Preferirei vederla là fuori sul prato. La società mi ha chiamato per chiedere il permesso di usare di nuovo il numero 6 e ho detto di sì. La Roma ha avuto eroi come Bruno Conti, Falcao, Giannini e non ha mai ritirato i loro numeri”.
Che differenza c’è tra la Juventus e gli altri grandi club? “Il vizio della vittoria, la stabilità della società, l’organizzazione. Tre cose apparentemente semplici. Non c’è da meravigliarsi se la Juventus è stata campione per sette anni di fila e forse lo sarà di nuovo quest’anno”.
Con Cristiano Ronaldo è diventata ancora più forte? “Certo. Credo davvero che con Cristiano la Juventus possa finalmente vincere la Champions League. La mentalità nell’Italia settentrionale, a Torino e a Milano, è questa, sempre molto ambiziosa. A Roma forse abbiamo perso troppo tempo a pensare alla rivalità con la Lazio. Il club deve guardare alla Juventus e motivarsi con i risultati di questo avversario per avvicinarsi”.
A proposito, sembra che non sia ottimista per il sorteggio contro l’FC Porto… “Amo la Roma, mi sento romano, ma il Porto è più forte e più abituato a questo tipo di duelli. La squadra sta ancora cercando di recuperare dal 7-1 subito a Firenze in coppa, ma mi è già piaciuto quello che ho visto nel pareggio contro il Milan”.
E’ vero che in Italia hanno iniziato a chiamarti Pluto? “Sembra così (ride, ndr). Qualcuno si è accorto che ero simile al personaggio Disney e così hanno cominciato a chiamarmi con questo nome. Ad ogni modo, non mi dispiace”.