Se si pensa al prototipo di bomber italiano, sicuramente uno dei primi nomi che viene in mente è quello di Luca Toni. L’ex attaccante, che ha chiuso la carriera due anni fa a Verona, ha giocato e segnato goal importanti in tutte le squadre in cui ha militato, vantando anche un’esperienza piena di successi col Bayern Monaco. Da vincitore della Scarpa d’oro con la Fiorentina (unico italiano insieme a Totti), Luca Toni ha conquistato non a caso anche il Mondiale azzurro di Berlino. Toni ha rilasciato un’intervista in esclusiva a Soccermagazine parlando dunque del suo passato e dell’attualità del calcio italiano.
Negli ultimi anni hai smesso i panni di calciatore, la Nazionale non è riuscita a qualificarsi ai Mondiali e la Serie A ha visto l’arrivo di Cristiano Ronaldo. Che idea di ti sei fatto del calcio italiano di questi tempi? “Sicuramente è positivo che un campione come Ronaldo abbia scelto l’Italia e che comunque i grandi campioni stanno tornando a giocare nel nostro campionato, perché prima molti andavano in Premier o in Spagna. Per quanto riguarda la Nazionale, Mancini ha un lavoro molto difficile: quello di ricostruire una Nazionale che sia protagonista soprattutto nel calcio mondiale”.
Da diverse stagioni il Napoli si è imposto come unica squadra in grado di impensierire la Juventus: secondo te saranno proprio gli azzurri a fermare il ciclo bianconero in futuro o ti aspetti qualche sorpresa dalle altre big? “Bisogna vedere la voglia di investire che De Laurentiis, perché comunque è un presidente che ha fatto molto bene, ha preso una squadra dalla Serie C e l’ha riportata ad essere una delle più forti al mondo. È chiaro che per lottare contro uno dei colossi come la Juve devi investire soldi. Non so se avrà la voglia o la forza. Sono convinto che il presidente dell’Inter o il presidente del Milan sian persone che vogliono investire molto di più rispetto a De Laurentiis, quindi penso che in un futuro le milanesi torneranno fuori”.
Da un paio di anni in Serie A c’è una prima punta molto promettente che però fatica ancora ad esplodere. Da ex centravanti, cosa pensi di Patrik Schick? “Non lo vedo proprio come un centravanti da 20 o 30 goal, secondo me bisogna capire ancora quale sia la sua giusta collocazione. Io non lo conosco, però chi è vicino alla Roma mi ha detto che ha dei colpi veramente importanti, quindi lo vedrei più come seconda punta. Poi è chiaro: se nei prossimi anni diventerà più cattivo e farà più goal potrà essere una prima punta, ma se non superi minimo 20 goal nelle grandi squadre non puoi essere una prima punta”.
A proposito di Roma: due anni fa Totti ha intrapreso subito la carriera dirigenziale proprio come te, anche se lo si sente parlare raramente. Secondo te, paradossalmente, nella Roma di oggi sarebbe stato più utile nello spogliatoio? “No, penso che Totti abbia intrapreso questa carriera per cercare di diventare un dirigente importante, un dirigente della Roma dove lui ha fatto la storia e dove lui è cresciuto. Penso che abbia fatto bene, che magari era arrivato il momento di intraprendere una nuova vita. È chiaro che come per tutti i nostalgici sarebbe bello che dei campioni giocassero fino a 50 anni, però purtroppo il fisico non regge”.
Due delle piazze più importanti di Italia e alle quali sei maggiormente legato stanno faticando molto negli ultimi anni: la Fiorentina non è più in Europa e il Palermo è finito in Serie B. Come ti spieghi una situazione del genere? “La Fiorentina viene da annate in cui magari il presidente ha speso parecchi soldi e adesso invece ha intrapreso una politica di giovani, quindi è stato molto bravo Corvino a ringiovanire la strada, a prendere dei talenti importanti. È chiaro che con dei giovani fai fatica a raggiungere magari le prime posizioni più importanti, quelle della Champions, quindi penso che se la possa giocare per l’Europa League. Per il Palermo dispiace, però dipende tutto anche da un percorso che si fa insieme: è chiaro che gli anni miei sono stati belli perché a parte la UEFA c’erano stati un anno o due nelle competizioni europee, poi purtroppo bisogna avere anche un po’ continuità e un progetto un po’ più serio perché altrimenti la Serie A non ti perdona. Hanno fatto delle scelte, adesso oscillano tra il primo e il secondo posto in Serie B, la speranza è comunque di vedere il Palermo in Serie A perché è una piazza che merita la Serie A. Dovrà essere bravo chi li gestisce a consolidarsi in Serie A”.
Tra le tue ex squadre c’è anche la Juventus, che ieri ha perso in Champions con l’Atletico: quante possibilità dai ai bianconeri per passare il turno o vincere addirittura la coppa? “È chiaro che passare il turno è dura perché gioca contro una squadra forte, al di là che hanno una grande cattiveria e una grande rabbia, un allenatore molto bravo che li carica molto e anche giocatori importanti, soprattutto davanti. La Juve però ha la qualità per ribaltare qualsiasi risultato. Sono dell’idea che se riusciranno a ribaltare questo risultato dopo avranno un entusiasmo dietro che li potrà aiutare ad arrivare fino in fondo”.
Negli ultimi anni molti riferimenti storici del calcio italiano hanno conosciuto addii indesiderati per diversi motivi, tra Di Natale, Del Piero e Totti, di cui abbiamo parlato prima. Secondo te le società devono essere più delicate dal punto di vista umano o comunque devono mettere in primo piano le proprie finalità? “Io penso che bisogni venire incontro. Io penso che per chi ha dato tanto ad una maglia sia giusto che ci sia anche un po’ di riconoscenza, dall’altra parte però non deve essere troppa riconoscenza e non va bene neanche una società che non sfrutta giocatori importanti che hanno fatto la storia della squadra, sarebbe giusto mettersi ad un tavolo e trovare una soluzione che possa andar bene a tutte e due le parti. Non lo so se è facile o difficile. È chiaro che ci sono molti presidenti e molte figure che magari hanno anche paura ad affiancarsi determinate persone perché possono portare via loro anche visibilità”.
Una domanda sul post-Mondiale 2006: tu sei stato in corsa anche per i Mondiali del 2010 e del 2014, ai quali però non hai partecipato. Con il senno di poi, volendo fare un bilancio, è meglio essere ricordati solo per i grandi fasti di Berlino? “Sinceramente nel 2010 venivo da un periodo non bello, però nel 2014, anche se avevo 37 anni, ero diventato vice-capocannoniere e penso sia stato Prandelli a non volermi, poi è andata molto male anche per loro. Io penso che alla Nazionale non si possa mai dire di no, perché comunque è il sogno fin da bambino e quando mi hanno chiamato per me è stato un onore indossare la maglia. Poi è chiaro, ci sono gli allenatori, ognuno fa le sue scelte e quando vanno male è normale che possono venire i “se” e i “ma””.
C’è un attaccante di oggi nel quale Luca Toni si rivede? “Non lo so, perché vedo tanti attaccanti bravi, ma pochi con una bella rabbia che deve avere secondo me un grande attaccante in zona goal. Io avevo determinate caratteristiche che non vedo in molti attaccanti. Poi sai, quando hai la fortuna di essere stato magari un giocatore importante, fai fatica. Penso che ci possano essere tanti giovani bravi. Però per dire proprio un nome non lo so, perché comunque al giorno d’oggi ci sono dei giovani che fanno un’annata fatta bene e l’altra no. Noi vivevamo secondo me in un’era di giocatori dove facevi tanti goal tutti gli anni, e quindi comunque era diverso”.
Per concludere, un dovuto riferimento al Mondiale 2006: da atleta, puoi descriverci qual è in campo non la prima emozione, ma il primo pensiero che attraversa la mente di un ragazzo nel momento in cui sale sul tetto del mondo? “Hai talmente tanti pensieri che non ti rendi conto di quello che sta succedendo. Noi abbiamo vissuto secondo me delle emozioni di cui ci siamo accorti magari quando siamo arrivati in Italia, vedevamo tutto un Paese in festa, ho visto persone piangere dai 16 anni agli 80. E quindi avevamo veramente unito un Paese intero. Sai, lì per lì quando lo vedi non ti rendi conto di quello che hai visto perché non sai l’importanza di vincere qualcosa di così importante, penso la più importante”.