Sono passati più di 30 anni da quando Paulo Roberto Falcão lasciò Roma per tornare in Brasile nel 1985, poi per deliziare i romanisti tifoidi per cinque stagioni. Classe, eleganza con la palla e leadership nel campo. Con queste qualità, l’asso brasiliano ha portato la squadra della capitale al titolo italiano del 1982/83, concludendo un digiuno di 41 anni senza lo scudetto, oltre a due coppe italiane (1981 e 1984). Un’altra gloria, questa personale e non trasferibile, si unisce ai trofei sconfitti sul campo: il soprannome di “Re di Roma”, simbolo dell’enorme prestigio della precedente maglia 5 accanto ai tifosi.
Se mancava qualcosa per il re di Roma, era il titolo europeo, quello era un tris. Nel 1984, la Roma aveva la possibilità di vincere la Coppa dei Campioni (ora Champions) in casa allo Stadio Olimpico, ma ha perso la coppa ai calci di rigore contro il Liverpool. Questo martedì, alle 15:45 (ora di Brasilia), i rivali si sono riuniti per la prima tappa delle semifinali di Champions League. E Falcão farà il tifo per la nuova generazione di romanisti per dare il cambiamento tre decenni dopo.
“Credo che la Roma abbia cominciato a costruirsi in quel momento. Chissà, le è piaciuto arrivare ad una finale, e penso che questo piacere sia ora trasmesso ai giocatori d’oggi. E’ bello arrivare ad una finale. Perché non ho tirato il rigore? Perché sentivo dolore al ginocchio, per colpa di un infortunio capitato un mese prima in campionato. Ho giocato grazie ad un’ iniezione, solo che la partita durò 120 minuti e io non ce la facevo più. Parlai con Liedholm, il tecnico, e gli ho detto che non ce la facevo. Io sarei stato il quinto a calciare, perché avevo tirato il rigore quando abbiamo vinto la Coppa Italia, nel mio primo anno.
Questa partita tra Roma e Liverpool ha un favorito? Le due squadre hanno raggiunto la semifinale dopo essere stati considerati perdenti nei duelli dei quarti di finale… “Il Liverpool ha una grande storia nella Champions League, un tempo chiamata Coppa dei Campioni, con cinque titoli, ed è molto forte. Io credo che la Roma sia cresciuta molto dopo le due partite con il Barcellona, e la città lo sa. E la tifoseria giallorossa ti aiuta tantissimo in questi momenti. Io dico che quella di stasera è una partita difficile per tutte e due e aperta ad ogni risultato”.
La squadra dell’84 è stata la migliore della storia della Roma? “Io evito sempre di dire che quella squadra sia stata la migliore, perché sono epoche differenti. Quella squadra dell’84 è stata creata con pochi soldi, differente dalle squadre che oggi giocano la Champions League. Ma quella finale è stato un grande risultato, che certamente va a favore della Roma di oggi. E’ stata l’unica finale giocata dalla Roma nella sua storia, e credo che questo aiuti molto la squadra in questa semifinale. Credo che quella finale si ricorderà per sempre, perché è ancora una rivincita, no?”.
Perché la Roma ha impiegato tanto tempo per tornare ad una semifinale di Champions? “La Roma si è ricostruita. Affronta squadra con un potere economico molto forte. Anche in Serie A è molto difficile, c’è la Juve che come avversario è quasi impossibile da battere, che sta quasi per vincere di nuovo il campionato. Ci sono squadre fortissime economicamente nella Champions League come Real Madrid, Bayern Monaco, Barcellona. E la Roma non è un club che investe tanto quanto questi. Ed è proprio lì forse il merito della Roma di arrivare ad una semifinale senza investire tanto come fanno gli altri”.
Credeva nella rimonta sul Barcellona dopo il 4-1 dell’andata? “Guarda, quando Dzeko ha segnato al Camp Nou e stavano 3-1, io ho pensato che al ritorno un 2-0 sarebbe stato possibile. Ma quando ha segnato Suarez il 4-1 è diventato più difficile. Vedendo l’inizio della gara di ritorno all’Olimpico, quando ho visto i cori della tifoseria giallorossa, prima che cominciasse la partita, con alcuni miei amici che mi mandavano i video dallo stadio, ho pensato, “mmm”… conosco la Curva Sud e lo stadio, è molto forte. E quando ho visto la squadra andare in vantaggio evitando che il Barcellona costruisse il suo gioco, obbligandoli a calciare il pallone in avanti, senza fare arrivare palloni a Iniesta e Messi, ho capito che avremmo avuto chance. Ma era difficile. Questo risultato, che nessuno si aspettava, fa crescere la Roma di autostima per la partita di oggi contro il Liverpool, senza alcun dubbio”.
Come valuti questa fase attuale del portiere nazionale brasiliano Alisson? “E’ in un gran momento e credo che abbia già capito cosa vuol dire vincere un trofeo a Roma. Vedendo quanto la città si esalta ad ogni passaggio del turno. E’ un momento buono per la Roma, e allo stesso tempo di Alisson, Juan Jesus che partiranno come titolari. I brasiliani nella storia della Roma hanno spesso avuto un ruolo importante”.
Una storia che ha in te il più grande simbolo… “Sono molto orgoglioso di avere, forse non iniziato, perché altri brasiliani avevano già suonato, ma forse ho iniziato a costruire una storia dal 1980 insieme ai compagni del tempo. Quindi sono molto fiducioso in questo gioco e speriamo di poter celebrare un arrivo ancora una volta in finale”.
Puoi descrivere la delusione per la perdita dell’allora Coppa dei Campioni nel 1984 giocando in casa? “Il sorteggio finale è stato fatto molto prima. È successo che nella città che è stata attratta per giocare la finale ha avuto una squadra da quella città. Ma era un Liverpool molto forte, abituato a giocare questo tipo di decisione, Roma non era abituata a questo tipo di decisione. Ma penso che il fatto di arrivarci, di raggiungere la finale e di aver legato il gioco, perché il gioco fosse uno per uno, contro un Liverpool di Grobbelaar in porta, di Rush centering, di Souness of the Scottish team, quella squadra di Liverpool era una cagna, abituata a questo tipo di gioco, e non sentiva il peso di giocare nello Stadio Olimpico di Roma. Ma era uno per uno, e abbiamo finito per perdere ai calci di rigore. Ma credo che la Roma ha cominciato a costruire lì chi sa che mi piace per ottenere una finale, e penso che, come per ottenere una finale deve essere passato ora questi giocatori. Che bello è quello di ottenere una finale. Naturalmente Liverpool è una timaço troppo, ma sicuramente tutti quando ha dato Liverpool preferito che affrontare il Real Madrid o il Bayern (gli altri semifinalisti). Ma vorrei dire questo: la calma, perché il Liverpool è anche una squadra forte”.
Molte persone oggi si chiedono perché non hai colpito un rigore nella finale di 84… “Molto facile da spiegare (ride). Non ho giocato la prima semifinale perché sono rimasto ferito. La prossima partita, in casa, abbiamo perso il primo per 2-0 ed è riuscito a invertire a 3-0, e ho giocato a questo gioco con un’iniezione al ginocchio, perché ero il ginocchio infortunato, aveva preso una voce un mese prima nel campionato italiano. E ho gettato 90 minuti con lui anestetizzati. Poi anche il gioco con il Liverpool ha dovuto fare l’iniezione per giocare, solo il gioco era di 120 (minuti). Oltre al 90, 30 avevano più, non prendo più più nello straordinario, e parlato con (Nils) Liedholm, l’allenatore, ‘Guarda, non ho le condizioni. Sarei il quinto da battere, perché avevo battuto quando eravamo campioni della Coppa Italia nel mio primo anno, ero il quinto che ha chiuso la carica quando abbiamo vinto il titolo. Quindi sarei quinto, ma anche se ero in coda in condizioni, non abbiamo nemmeno battuto il quinto, perché il Liverpool aveva battuto quattro e ne aveva fatti tre, ne avevamo battuti quattro e ne avevamo fatti due. Hanno fatto il quinto, e non è stato nemmeno possibile battere il quinto perché erano campioni. Ad ogni modo, quello che rimpiango di non essere stato nelle mie condizioni migliori per giocare quella finale perché è stato un infortunio al ginocchio che ho dovuto recuperare giocando”.
PER LEGGERE L’ARTICOLO ORIGINALE CLICCARE QUI