Per tanti anni ha lottato alla pari con la Juve con le maglie di Torino, Fiorentina e Roma. Raggiungere i bianconeri è difficile ma Ciccio ha la ricetta giusta… –
l traguardo è ancora troppo lontano per non apparire sfocato. Ma che la Juventus abbia già allungato sul gruppone delle tradizionali rivali è un dato innegabile. A una giornata dalla fine del girone di andata 4 punti di vantaggio sulla Roma (7 in caso di vittoria sul Crotone) sono un margine buono ma non di sicurezza. Non bastano insomma per potersi permettere di tirare il fiato. Perché la storia insegna che tutto è ancora possibile. Nel 1986 i giallorossi con Eriksson in panchina chiusero il girone di andata a -9 dalla Juve per poi compiere un autentico miracolo nel ritorno e arrivare all’aggancio alla vetta nella terzultima giornata, poi il suicidio con il Lecce già retrocesso vanificò tutto. Ma non è solo questione di squadre. C’è un uomo che ha attraversato tre straordinarie storie di rivalità contro la Vecchia Signora. Ciccio Graziani ha guidato l’assalto ai bianconeri con le maglie di Torino, Fiorentina e Roma in epici campionati, conclusi con gioie e… lacrime.
Partiamo proprio da quel ‘76 magico del Torino. La Juventus perse a Cesena e poi quel derby…“I derby sono sempre ricordi bellissimi, ho la fortuna di poter dire che sono più quelli che ho vinto di quelli che ho perso. Anche se poi sono arrivato spesso dietro la Juventus…”
Però quell’anno il Toro vinse lo scudetto…. “Sì, nonostante ci fosse un divario di 5 punti che riuscimmo ad azzerare in 3 partite. Non è facile quando hai a che fare con la Juve perché anche pochissimi punti di differenza non ti permettono di stare sereno”
Si può dire che la Juve in quel periodo soffriva maledettamente le sfide con voi?“Sono state più le volte che ha sofferto rispetto a quelle che in cui ha gioito. Però si rifaceva con gli interessi perché poi vinceva i campionati. Il Torino era il parente povero, per questo aver giocato 3 anni alla pari con loro è stato motivo di grande orgoglio”
A livello psicologico è sempre avvantaggiato chi sta in testa, oppure avere una squadra col fiato sul collo crea ansia?“Non scherziamo: meglio sempre stare avanti… Perché chi è dietro non può sbagliare”
A Torino a distanza di 40 anni restano ancora mitici i gemelli del gol…. “Paolino Pulici è stato il compagno ideale. Insieme abbiamo riportato dopo 27 anni il Toro a vincere uno scudetto che ha fatto la storia non solo del club ma del calcio italiano”
Nel suo periodo a Torino lei era tra i pochi esterni al blocco Juve in Nazionale, aveva amici tra i bianconeri? “Zoff era il mio fratello maggiore, ma anche con Cabrini, Scirea e Tardelli c’era stima reciproca, con loro ho vinto un Mondiale in Spagna. E’ chiaro che poi quando giocavamo nei derby facevamo finta di non conoscerci…”
Nel 1981 passa alla Fiorentina: altro lungo testa a testa coi bianconeri: pari punti a 90 minuti dalla fine. La Juve vince a Catanzaro, la Fiorentina pareggia a Cagliari con un suo gol annullato. E lo scudetto sfuma…“Eravamo un gruppo compatto che in campo otteneva sempre il massimo: abbiamo tenuto testa a una squadra molto più forte di noi. Perdemmo Antognoni per infortunio, altrimenti avremmo vinto il campionato”
Poi il passaggio alla Roma: altro secondo posto dietro la Juve. Quanto influì l’impegno in Coppa Campioni?“Tanto, perdemmo punti importanti. Credevamo più nella possibilità di vincere la Coppa che lo scudetto. Avevamo dedicato anima e corpo all’Europa…”.
Una finale col Liverpool amarissima…“Giocavamo in casa, la città fremeva da settimane, ma davanti c’era una squadra fortissima, abituata ale finali di Coppa dei Campioni e scorbutica da affrontare. Però la Roma era piena di qualità e di campioni. La verità è che quella partita la steccammo… Ricordo che nei giorni precedenti con Conti e Pruzzo ci siamo detti: ‘Ragazzi cerchiamo di vincere perché un’altra occasione non ci ricapita più’”
E alla fine che vi siete detti?“Che avevamo buttato al vento un’occasione irripetibile. Purtroppo ai calci di rigore ci vuole anche fortuna. Quando sbagli un rigore ti rimane un segno indelebile. Ma solo chi non li tira non sbaglia…”
Lei tirò e sbagliò, Falcao invece…“Noi lo rimproverammo perché si tirò indietro in una partita così importante. In certe situazioni il grande campione, come lo era Paulo, deve assumersi delle responsabilità anche se non se le sente dentro”.
Da una amarezza a un’altra: nell’86 una straordinaria rimonta della Roma sulla Juve nel girone di ritorno. A tre giornate dalla fine vittoria a Pisa e aggancio… “In città c’era grandissima euforia che però non ci condizionò in negativo. Il problema è che, ancora una volta, nel momento decisivo non ci siamo stati”
Sta parlando di Roma-Lecce… “Esatto. Perdemmo in casa 2-3 una partita assurda con una squadra già retrocessa da settimane che non aveva quasi mai segnato in trasferta. Doveva essere una passerella, un trionfo, invece si rivelò un disastro sotto tutti gli aspetti”
A distanza di 40 anni si è spiegato cosa successe? “Non c’è spiegazione… Andammo subito in vantaggio con un mio gol. Non c’erano segnali negativi di nessun genere. Anzi, pensavamo di fare una goleada. Poi si fece male il loro portiere ed entrò quello di riserva che fece delle parate incredibili. Non riuscivamo a segnare in nessuna maniera. Loro pareggiarono, poi il 2-1 prima dell’intervallo. Nella ripresa contropiede e 3-1 per loro. Un incubo… Finì 2-3 e perdemmo lo scudetto…”
Torniamo all’attualità, anche questa Juve qualche battuta a vuoto l’ha avuta. La Roma può credere in una rimonta? Il Lecce non c’è più in serie A… “Sì, io credo che oggi attraverso il lavoro straordinario di Spalletti sia possibile. Lui dà sempre l’impressione di non arrendersi mai. I 4 o 7 punti di distacco non sono penalizzanti come nel passato perché la squadra di Allegri non si sta esprimendo al meglio”.
Qual è la ricetta per batterla? “Rubargli il suo segreto che è quello di non arrendersi mai e di avere sempre fame. La Juve anche quando gioca un’amichevole contro la Primavera vuole vincere. In quella società la prima cosa che ti dicono è: ‘Qui si deve vincere’. Cosa che non succede a Roma o a Napoli”
Per esempio Pjanic nella conferenza di presentazione ha detto subito: “Ho capito perché qui si vince e a Roma no”… “Magari dirlo alla presentazione è stato un po’ prematuro… Però dopo un mesetto ti rendi conto che la Juve è un altro mondo”.
La Roma avrebbe bisogno di rinforzi per colmare il gap? “Loro hanno tanti giocatori forti. Quando inquadrano la panchina penso che il più scarso giocherebbe titolare in qualsiasi altra squadra. La Roma però ha tutto per vincere, il problema è che spesso quando è chiamata a fare l’ultimo passo, non ci riesce”
Se Graziani potesse entrare nello spogliatoio della Roma cosa direbbe ai giocatori? “Signori miei avete una società forte, un allenatore molto bravo, seguitelo ma soprattutto credete nelle vostre potenzialità e trovate continuità’”
Chi l’ha trovata è Dzeko… “Tutti ci aspettavamo questo tipo di giocatore. L’anno scorso c’era suo fratello in campo… Quest’anno la Roma ha la fortuna di avere il migliore attaccante della Serie A, per provare a vincere questo scudetto Dzeko deve mantenere questi livelli”
Che ne pensa della gestione Totti? Può prolungare ancora un anno? “La società è stata molto aperta con Francesco: lui è un simbolo, un capitale di immagine e tecnico. Anche se poi bisogna riconoscere che l’età conta per tutti. A un certo punto i riflessi e la tenuta atletica vengono un po’ meno, ma è un professionista talmente serio che allenandosi in maniera maniacale ha avuto una longevità maggiore rispetto ad altri. Arrivare a 40 anni nel calcio è davvero tanta roba… Io ricordo che spesso a 33 facevo fatica a recuperare. E’ chiaro poi che Spalletti ha fatto una scelta e Totti non è un titolare ma un alternativa di altissimo livello. Ogni volta che entra in campo all’Olimpico c’è un’atmosfera elettrizzante. Lui sa che finché ha voglia di continuare la Roma glielo permetterà. Ha regalato tantissimo alla città e alla tifoseria, ma gli è stato anche restituito tutto con gli interessi”.
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