Torosidis, per comodità Toro. Di nome Vasilis. Cioè reale, regale, da re. Ha un approccio alla vita essenziale, come quando sta in campo. Niente orpelli, qui si bada al sodo. Parla come gioca: controllo, appoggio, posizione da ritrovare. T-shirt nera con scritta a caratteri cubitali «Sicilia calcio» (nessuno chieda il perché, su certe cose è meglio preservare un sano mistero), jeans opportunamente strappati, sneakers bianche come i denti bianchi di uno spot, braccialetto nero, fede al dito anulare della mano destra.
Torosidis, come sta il Bologna? «Stiamo bene, abbiamo sbagliato solo l’ultima partita a Firenze, ma il momento era e resta buono».
A Firenze non avete giocato… «Eh, dite tutti così, io penso che abbiamo sbagliato l’approccio e abbiamo trovato una squadra che in casa concede pochissimo».
Otto partite alla fine. Che cosa può fare il Bologna? «Meglio dell’anno scorso, di sicuro possiamo migliorare quei 42 punti. Ne abbiamo la voglia e la forza».
Domenica al Dall’Ara arriva la Roma. Lei in giallorosso ha giocato tre anni e mezzo. Che ricordi ha? «Sono arrivato nel gennaio del 2013, mi volle Sabatini, c’era un bel casino (ride). La situazione era difficile, perdemmo anche la finale di Coppa Italia con la Lazio, hai idea di cosa significhi a Roma, no?».
Lo so. Bel casino. E poi? «Poi ho fatto due anni molto bene, con Rudi Garcia, grande allenatore, uomo speciale che ha dato tanto alla Roma. Siamo arrivati in Champions e abbiamo lottato per lo scudetto, arrivando due volte al secondo posto. Certo, davanti avevamo la Juve. Nel 2013 loro hanno fatto 102 punti, dico 102 (sgrana gli occhi, ndr), e noi 85. Di solito con 85 sei lì a giocartelo all’ultima giornata»
Che ci dice di Mattia Destro? «Dico che è molto forte».
Ma quest’anno ha fatto solo sei gol. Sembra sempre sul punto di, e invece niente… «Fidatevi, l’ho avuto come compagno alla Roma, c’è stato un momento che entrava in campo e la buttava dentro a occhi chiusi, succederà anche qua. E comunque Mattia in campo si impegna. E i suoi gol sono pesanti».
In questo campionato lei ha giocato a destra, a sinistra, pure centrale. Dove si trova più a suo agio? «Dove posso rendermi più utile, del resto ho sempre fatto così. Se a Donadoni servo in mezzo, gioco lì, se servo a destra, mi sposto a destra: nessun problema».
Che tipo è Donadoni? «Tranquillo».
Ok, tranquillo. E poi? «Ci fa lavorare molto, gli allenamenti sono molto curati».
Come mai se n’è andato da Roma? «Perché non giocavo. Sono rimasto fuori sei mesi, prima per colpa di un infortunio, ma roba di poco conto, poi per le scelte di Spalletti. E allora ho deciso che era ora di cambiare aria».
Che contratto ha col Bologna? «Due anni più uno di opzione, se va così starò qua fino al 2019».
Qual è l’amico della Roma che rivedrà volentieri domenica? «Se dico Manolas, vale? (ride) E’ greco, siamo amici veri».
Inevitabile la domanda per lei che ci ha giocato insieme: chi è Totti? «E devo dirti io chi è Totti? Un campione, un fuoriclasse. Ma sai la cosa straordinaria di Totti non è il giocatore, ma l’uomo. Ti dico due parole per definirlo: buono e umile».