Emozioni?
“Sono tornato indietro di 34 anni, non è stata solo l’emozione della partita, ma anche il dopo. Il popolo giallorosso ha voglia di vittorie, ha sete di successo ed è stato un grande coinvolgimento fino a questa mattina”.
Similitudini con il 1984? “Avevamo una squadra di grande qualità, con un grande spirito di squadra”.
Se la Roma riuscirà a non fermarsi? “Seguire Di Francesco non è un errore: lui ha modificato l’assetto tattico, ma non i princìpi, con una squadra alta e aggressiva. Tutto è possibile, l’importante è capire quanto può portarti via e quanto può darti un successo del genere contro il Barcellona, in cui nelle due partite sei stato bravissimo a gestire questo tipo di situazione. All’andata due autogol, due situazioni dell’arbitro e la Roma non si è disunita, Di Francesco è stato bravissimo a far metabolizzare alla squadra la strategia giusta. E con quella cornice è difficile sbagliare”.
Cosa avete detto all’allenatore del Dundee United? “Mi viene da ridere, ripenso a quella situazione che non era tattica (ride, ndr). Non parlavamo inglese come si parla ora, dovevamo fargli capire che aveva sbagliato, dopo l’andata rilasciò dichiarazioni poco piacevoli verso la Roma e verso l’Italia. Ci diede una carica tremenda. A fine partita non andammo a festeggiare subito, ma a richiamarlo e perdemmo qualche minuto. Poi festeggiammo col nostro popolo, ma lui aveva sbagliato”.
Parallelo con Manolas? “Siamo abbastanza diversi, lui lavora sulla fisicità, io ero costruito per un gioco più elegante, anche se era un altro calcio”.
Più Fazio? “Sì, più vicino”.
Dzeko come Pruzzo? “Non ho giocato con Dzeko ma lo ammiro. Pruzzo aveva il tempo, non andava in elevazione, lui ti anticipava nel salto. Aveva una grande intesa con Bruno Conti, lui ti faceva diventare pazzo, non ti faceva capire quando avrebbe messo il cross”.
Un nuovo scontro con il Liverpool? “Personalmente accetto tutto, quella è stata una parte bella, importante, ma anche drammatica per la storia della Roma. Una finale all’Olimpico è inimmaginabile, non lancio nessun tipo di sfida. Chi viene viene deve affrontarla con serietà, ma anche con leggerezza. Può fare cose straordinarie”.
Come si tiene questa posizione in Europa? “Monchi deve trovare giocatori importanti, tatticamente e mentalmente, bisogna essere bravi a lavorare sulla pressione che mette questa città. È una questione particolare, il tifoso romanista ha voglia di un successo, non solo amarezze, è cambiato il prototipo del tifoso, è una nuova generazione che si muove diversamente, lo vediamo con i nostri figli. Una volta c’era più pazienza, si sosteneva maggiormente dopo le sconfitte. L’energia che dà questo tifo, questo popolo, prima di entrare in campo per fare il riscaldamento non vedevamo l’ora di andare sotto la curva e stare quei pochi minuti là per prender energia da questo popolo. Dipende, come ha detto Di Francesco, dal fatto di essere bravi a coinvolgere il tifoso. Con lo stadio nuovo diventa dura per tutti”.