Guido Ugolotti, ex giallorosso tra il 1977 e il 1980 e nel 1981-1982 e poi allenatore delle giovanili dal 1991 al 2003, è intervenuto ai microfoni di Roma Radio. Ecco la sua intervista:
La Roma batté il Pescara con un gol che coincise col rientro in campo… “Fu l’annata dell’esordio, che mi portò dopo 4 giornate a essere capocannoniere in Serie A, poi ci fu la sosta e un infortunio. Quella partita si giocò il 19 febbraio, tornai dopo 4 mesi e feci gol come all’esordio, fu la fine di un periodo nero, è normale che per un ragazzo giovane che esordisce e si fa male era l’inizio di una seconda carriera”.
Come sei arrivato alla Roma? “Sono nativo di Massa-Carrara, ho abitato a La Spezia e risiedo in un paesino dell’Appennino tosco-emiliano. Mi portò qui un provino, ai tempi giocavo nelle giovanili di una squadra di Spezia, venni al Tre Fontane per un provino, ero stato visto giocare nella rappresentativa della Liguria. Liedholm era presente, c’era un’amichevole delle giovanili contro la Prima Squadra, dopo una settimana arrivò la risposta positiva, iniziai la trafila dagli Allievi. La Roma ha rappresentato molto per me, sono stato qualche anno in Prima Squadra, sono andato via e tornato per intraprendere la carriera di allenatore”.
La famiglia ti seguì a Roma? “Venni a 16 anni, la Roma aveva un pensionato a Ostia, alloggiavamo lì e andavamo a scuola lì. Finite le lezioni, prendevamo il trenino e venivamo alle Tre Fontane, sono felice che sia stato riportato nelle mani della Roma”.
C’è qualche ricordo del Tre Fontane che ti è rimasto impresso? “La prima sensazione è quella del provino, feci il provino lì e fu l’inizio della mia storia. Il Tre Fontane ha rappresentato il primo punto di riferimento, venendo da Spezia andai lì. Ricordi ne ho tantissimi, dalle partite del giovedì della Prima Squadra con 5-6000 spettatori, alle partite con la Primavera, i derby, gli infortuni, le sedute atletiche che facevamo nel parco, il muro che è stato ridisegnato. Per me il Tre Fontane è un bellissimo ricordo”.
Toccava anche a te il battimuro? “Tutti siamo passati da lì, io l’avevo già usato con le giovanili. Era un classico, quelle erano le esercitazioni per migliorare la tecnica. Passavamo le ore”.
Si fa poco, adesso? “Sicuramente si guardano altri aspetti, come quello fisico. Noi non avevamo palestre, lavoravamo al parco. Si dedicava più tempo alla tecnica. Ora si guarda più alla tattica, agli aspetti difensivi. All’epoca si aveva una cultura tecnica migliore”.
Hai allenato Daniele De Rossi, oggi se giocherà centrerà il traguardo delle 400 presenze in Serie A. Un tuo ricordo. “Di Daniele ragazzino ricordo che la prima volta che l’ho visto erano i famosi stage post stagionali. All’epoca giocava nelle giovanili dell’Ostiamare, giocava in un ruolo diverso, da trequartista. Ma aveva qualità fisiche importanti e buone qualità tecniche. Si è trasformato, ha cambiato ruolo e ha avuto un’intuizione Mauro Bencivenga. Un ragazzo che stimo, che ha avuto le sue problematiche, non sono uno di quegli allenatori che riusciva al primo sguardo a intuire che un giocatore sarebbe diventato un campione. Daniele è cresciuto, ha avuto qualche difficoltà ma è attaccato alla maglia, sono contento per i risultati che ha ottenuto”.
Ti ha stupito il livello della sua carriera? “Non sono uno di quelli che si spaccia per riuscire a individuare il campione, quando qualcuno fa una carriera come quella di Daniele sono tutti pronti a rivendicarlo. Un ragazzo che entra nelle giovanili può trasformarsi, è una grande opportunità ma è anche un bacino di illusioni, ci sono molti che alle prime difficoltà si deprimono. Per certi versi posso essere anche stupito, giocare tutte queste partite ed essere considerato uno dei migliori centrocampisti non era facile da prevedere. Dico solo che sono molto contento”.