“Se lo stadio si fa, e io sono ottimista, è anche grazie al Governo”; “Questo sarà lo stadio voluto da chi ama Roma. È sbagliato dare una sigla di partito a questo progetto”; “Se la Lazio deciderà di presentare un progetto, sarà discusso con la stessa attenzione data allo stadio della Roma”: tre frasi del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che, più di tutte, chiariscono quanto la questione dello Stadio della Roma di Tor di Valle fosse tutt’altro che di facile soluzione. Mentre è tramontata l’ipotesi della riunione della Conferenza dei Servizi per oggi e si allontana anche la data di domani, prendendo corpo, quindi, quella di giovedì, Zingaretti interviene, dopo settimane di basso profilo mediatico commisurate al suo stile di comunicazione, ai microfoni di Radio Radio e chiarisce: «Di fronte alla situazione di impasse sul nuovo progetto presentato dalla Roma e dal Comune, il Governo ha affrontato il problema più grande che era quello della mobilità. È giusto fare lo stadio ma è anche giusto avere una viabilità adeguata. La scelta del governo è stata dunque di grande aiuto alla Roma, alla città, per non rischiare di fermare l’ennesimo investimento che poi non va in porto». Frasi che, poste a paragone con quelle dell’assessore all’Urbanistica della Raggi, Luca Montuori («Se il Ponte di Traiano fosse necessario non ci sarebbero stati 4 pareri positivi, e qualcuno dovrebbe prendere la responsabilità di chiudere negativamente questa conferenza»), rendono appieno il reale clima. «Il nodo più importante era la mobilità e ora il Governo lo affronta. Se mi chiedete poi una posizione da cittadino, penso che se il primo progetto dello stadio si fosse approvato, saremmo già un passo avanti. Ma ora verifichiamo ciò che abbiamo davanti».
A parte il problema di un Pd che «licenzia» Ignazio Marino da una notaio, Zingaretti aggiunge: «Questo sarà lo stadio voluto da chi ama Roma. È sbagliato dare una sigla di partito a questo progetto. Io credo che il progetto che fu votato dall’amministrazioneMarino, che aveva tre meravigliose torri, era una sfida più affascinante. Ora però è importante non cadere nel rischio di dire di che partito è lo stadio. Lo stadio è dei romanisti e della città. Credo che il governo Gentiloni si è mosso proprio per questo: arrivati a questo punto fermarsi sarebbe stato un colpo alla credibilità della Capitale molto serio». Anche Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera e sfidante della Raggi nella corsa a Sindaco, ha preso posizione: «Esattamente come per le Olimpiadi, la rozzezza ideologica del Movimento 5 Stelle ha smontato il bel progetto dello stadio approvato tre anni fa. Un progetto di alto livello architettonico e urbanistico, utile a riqualificare e rilanciare un quadrante della città. Il Comune di Roma non intendendo finanziare il Ponte di Traiano non lo ha inserito nel progetto portando l’opera su un binario morto. Solo l’intervento del Governo potrà consentire a Roma di avere lo stadio». Insomma, il PD, com’era logico che avvenisse, riprende in mano le redini del gioco e strappa la bandiera Stadio dalle mani dell’avversario 5Stelle. Con il ritorno di fiamma del Ponte di Traiano, l’hastag #unostadiofattobene, lanciato dalla Raggi e compagnia, va in soffitta. A questo punto, nei prossimi giorni (forse anche per questo slitta la convocazione dell’ultima seduta), in Regione si attendono l’invio di un qualche tipo di impegno formale scritto da parte del Governo ad occuparsi della viabilità del quadrante. Per evitare giri sgradevoli in Procura, infatti, sarà necessario che questo impegno sia su interventi generali di viabilità formalmente svincolati dal progetto Stadio.