L’ultima partita da titolare l’ha giocata quasi una ventina di giorni fa, contro il Cesena in coppa Italia (1 febbraio) quando fu costretto ad uscire dopo 21 minuti per un problema ai flessori. Poi per Diego Perotti è iniziato un lungo periodo che lo ha visto scivolare nelle gerarchie di Spalletti. Soltanto in panchina contro la Fiorentina (recuperato però in extremis, proprio a seguito delle noie muscolari), qualche manciata di secondi contro il Crotone e il Torino (quando è entrato in campo rispettivamente all’89 e al ’90 in partite virtualmente chiuse) e un’altra panchina in Europa League contro il Villarreal. Singolare per un calciatore come l’argentino che era considerato sino a poco tempo fa un titolarissimo nello scacchiere di Lucio. Complice il cambio di modulo che ora vede la Roma non giocare più con il 4-2-3-1 ma con il 3-4-2-1, le condizioni fisiche non ottimali e un leggero calo di forma, Diego ha perso posizioni nella hit parade del tecnico. Che in avanti ha fatto le sue scelte: i titolari sono Dzeko, Nainggolan e Salah, un trio che giocherà contro l’Inter domenica sera. Domani, invece, toccherà di nuovo a Perotti, probabilmente in tandem con El Shaarawy, già premiato nell’ultima trasferta in Spagna (anche perché era stato uno dei pochi insieme con Alisson ad aver giocato sempre nel girone eliminatorio della competizione europea).
IN TRE PER UNA MAGLIA – Se per un allenatore quello della concorrenza interna non potrà mai essere un problema ma una risorsa, per Perotti ci si è messo di mezzo anche un po’ il destino. Perché se la Roma non avesse vinto 4-0 contro il Villareal, probabilmente l’argentino avrebbe già giocato contro i granata. E invece ora gli tocca una gara che, al netto degli appelli di Spalletti, ha perso un po’ il fascino e l’importanza che poteva avere se la qualificazione fosse stata ancora in bilico. Nella sua esperienza in Spagna con il Siviglia, ha incrociato il Sottomarino giallo dieci volte, giocando però in sette occasioni: quattro vittorie, due pareggi e una sconfitta. Zero gol ma un assist decisivo nel 3-2 del 24 aprile del 2011. Con il totem Nainggolan inamovibile, prevedibilmente d’ora in avanti Perotti finirà costantemente in ballottaggio con Salah ed El Shaarawy. Diego parte in ritardo rispetto all’egiziano. E questo, come è normale che sia, non può fargli piacere anche se non trapelano musini stile Oporto. A inizio stagione Lucio non aveva apprezzato l’atteggiamento dell’argentino che a sua volta non aveva gradito la sostituzione nell’andata dei playoff dopo l’espulsione di Vermaelen. Il tecnico lo aveva fatto presente pubblicamente, facendo poi partire in panchina l’ex Genoa in panchina nella partita seguente.
IL GOL MANCANTE – Arrivato a quota 6 gol nella classifica marcatori, finora Perotti ha festeggiato in campionato soltanto grazie ai calci di rigore, con la sua media da infallibile che resiste dall’inizio della carriera: 13 tiri su 13 in rete. Gli manca il gol su azione, se si eccettua quello splendido in rabona il 24 novembre contro il Plzen che per sua ammissione doveva però essere un cross. Ed è forse per questo che Salah al momento gli è davanti. Paradossalmente l’essere altruista rischia di penalizzarlo, visto che spesso e volentieri nel suo repertorio non sembra essere contemplata la conclusione in porta. Che poi, con la tecnica che lo assiste, dovrebbe essere una conseguenza. La rincorsa di Diego parte domani. Magari con qualche assist in meno e gol in più.