La sconfitta con la Juventus ha ridimensionato la Roma nella corsa allo Scudetto?
“La differenza di punti è grande però manca ancora tantissimo. A Torino volevamo vincere, almeno pareggiare e non l’abbiamo fatto. Abbiamo però giocato una grande partita contro una squadra fortissima: dobbiamo fare meglio e avremo tempo per riprenderci”.
Dove deve migliorare la Roma? “Troppi i punti che abbiamo lasciato per strada, come nei pareggi contro Cagliari – che ancora mi brucia – e Empoli. Oggi sarebbero dei punti importanti, sono quelle le partite che si devono vincere. Questa è una cosa fondamentale per vincere lo Scudetto” .
Cosa pensa della prossima sfida in Europa League contro il Villarreal? “L’Europa League è bellissima, l’ho giocata con il Siviglia e per me è importante. Affronteremo un avversario tosto e non sarà facile ma per vincere a competizione dovremo affrontare le più forti. Il ritorno lo giocheremo in casa e questo sarà importante”.
A proposito cosa ha rappresentato per lei l’esperienza al SIviglia? “Ho iniziato in argentina in serie B nel Deportivo Morón, poi dopo un anno sono andato nella Primavera del Siviglia, a 19 anni. Ho fatto un anno e mezzo con la Primavera, mi allenavo con la Prima Squadra ma all’inizio non avevo il passaporto comunitario e non potevo giocare, poi Chevanton è diventato comunitario e ho occupato lo slot di extracomunitario. Sono stato lì 7 anni, ho passato dei bei momenti e dei momenti negativi per colpa degli infortuni che ho avuto però per me Siviglia è stata un’esperienza molto importante perché sono cresciuto lì. Ero un ragazzo, ho imparato a vivere da solo e sono diventato uomo in Andalusia”.
Poi la rinascita con il Genoa… “Il Genoa mi ha rilanciato e mi ha aiutato ad arrivare alla Roma. Senza il Genoa non sarei qui e forse non starei neanche più giocando a calcio. Prima del Genoa, i mesi in prestito al Boca. La mia carriera era quasi finita per colpa degli infortuni. Non so perché mi capitavano questi problemi, ho sempre fatto una carriera da professionista, non bevo e non fumo e non so cosa mi succedeva. Mi allenavo e mi infortunavo. Ero arrivato al punto che aspettavo solo che un dottore mi dicesse che non avrei potuto più giocare, stavo impazzendo. Invece tutti mi dicevano che stavo bene e quello era molto peggio perché stavo bene ma non riuscivo ad allenarmi. Mi avevano detto di tornare a casa mia in Argentina per stare meglio, ero con la mia famiglia, i miei amici ma anche lì era uguale a Siviglia. Mi allenavo da solo, è stato brutto e se non fosse stato per il Genoa non lo so se starei giocando ancora. Non era un problema di testa, con Gasperini mi sono allenato come mai in vita mia, sia a livello fisico che mentale: se sentivo un dolore non mi fermavo e ho superato questi limiti. Ho rischiato un po’ di più, ho resettato il mio corpo e ho ricominciato. Ho visto tutti i dottori del mondo, ho fatto tutte le visite ma ancora oggi non ho una risposta sul perché sono guarito”.
Quale la squadra del cuore di Perotti? “Sicuramente il Boca, faccio il tifo fin da piccolo. Quest’anno ha fatto una buona rimonta, hanno vinto il Super Clasico e altre sfide dure e adesso è primo. Non so se rimarrà Tevez ma se dovesse restare sarebbe un fattore molto importante per vincere il campionato”.
E l’idolo? “Riquelme è sempre stato il mio idolo e uno dei motivi per cui sono tornato in Argentina era la possibilità di giocare con lui anche se ho giocato pochissimo. Molti dicevano che era lento, per me è sempre stato il migliore, ho sempre cercato di imitare il suo modo di giocare ma è impossibile. È stato un giocatore a cui mi sono ispirato molto”.
Ha fatto un pensierino alla nazionale? “Il mio sogno sarebbe chiudere questo calvario passato con una convocazione in nazionale. Se dovesse arrivare la convocazione sarebbe la chiusura del cerchio di tutto quello che ho passato. È difficile perché l’Argentina dal centrocampo in avanti ha giocatori fortissimi, però penso che se continuo a fare bene in una grande squadra come la Roma, magari il CT guarderà dalla mia parte”.
Lei è molto religioso, cosa rappresenta per Perotti Papa Francesco? “È bellissimo avere un Papa argentino. Io sono molto religioso e ho avuto la fortuna di incontrarlo di persona dopo la partita contro il San Lorenzo. Vederlo come una persona normale è stato molto emozionante, mi piacerebbe incontrarlo un’altra volta. Per me e per tutti gli argentini credenti è un’emozione pazzesca che il Papa sia del nostro Paese”.
Ma è vero che, tornando al campo, lei non ama giocare a destra come ha detto Spalletti? “Un po’ di ragione ce l’ha. Non è che non mi piace ma sento che non posso dare lo stesso che do quando parto da sinistra. Ho meno possibilità di fare la giocata, a destra mi perdo un po’ e anche per aiutare la squadra a destra faccio più fatica, a sinistra i movimenti sono più spontanei. Ma io voglio giocare e se devo farlo a destra lo faccio senza problemi, però se mi chiedi dove preferisco farlo ti dico sinistra”.
Cosa chiede al 2017? “Soprattutto di avere la salute come adesso, di passare una stagione senza infortuni per me e per i miei compagni. Poi sicuramente vincere qualcosa con la Roma perché penso che vincere qua sia indimenticabile. Io sono argentino e sono abituato alla passione della gente ma dopo il derby vedere tutti quei tifosi contenti è stato bellissimo. Vincere qui sarebbe un’esperienza unica per la mia vita. Voglio vincere qui perché in carriera ho vinto solo una Copa del Rey con il Siviglia e poi perché questi tifosi e questa città se lo meritano. Abbiamo una buona squadra e penso che possiamo farcela. Non è più tempo di parlare, dobbiamo dimostrare il nostro valore in campo”.