Sono ore decisive per l’ippodromo di Tor di Valle. Entro i primi giorni della prossima settimana verrà inoltrata alla Commissione regionale per il patrimonio culturale, che ha il compito di emettere il vincolo, la richiesta della Soprintendenza. Spetta a Francesco Prosperetti formularla, avendo lui ereditato la pratica avviata quando soprintendente era Margherita Eichberg. Eichberg aveva concluso che quell’architettura, realizzata da Julio Lafuente nel 1959, fosse di grande pregio, documentata come tale in una miriade di pubblicazioni. E che quindi andasse tutelata e non sacrificata per costruire lo stadio della Roma. Anche Prosperetti, architetto sensibile alla produzione novecentesca, sembra orientato in questa direzione. Ma i tempi sono stretti (la scadenza è martedì 13) e la situazione resta aggrovigliata. A complicarla ulteriormente è intervenuta prima la soppressione della Soprintendenza guidata da Eichberg, poi, mercoledì scorso, l’annullamento da parte del Tar di quella parte del decreto di Dario Franceschini che istituiva il Parco archeologico del Colosseo e che conteneva anche la sparizione della struttura di Eichberg. La procedura di vincolo promossa dagli uffici di Eichberg riguardava sia la tribuna, con la sua copertura a forma di paraboloide, la più grande esistente al mondo, sia la pista. E anche, con un vincolo indiretto, una zona di rispetto.
Fitta la ricostruzione storica: dagli apprezzamenti di Bruno Zevi alle analogie con gli edifici sportivi di quegli anni, dal Palazzetto e dallo stadio Flaminio di Pier Luigi Nervi fino al velodromo di Cesare Ligini. Velodromo di cui si ricorda la distruzione con la dinamite nel 2008. L’obiettivo fissato da Eichberg era di non ripetere quella sciagura. Negli anni l’ippodromo è stato manomesso. Ma nulla che non si possa ripristinare, secondo Eichberg. La procedura di vincolo era sostenuta dalla Direzione generale arte e architettura contemporanea, da quella belle arti e paesaggio e dal parere positivo di diversi comitati di settore tecnico-scientifici del ministero. C’era però un dettaglio che minava la compattezza del ministero. Secondo alcuni un dettaglio rilevante, secondo altri poco influente. Nel 2014 la Direzione regionale dei beni culturali – titolare Federica Galloni, che poi sarebbe passata alla Direzione generale arte e architettura contemporanea – aveva espresso un parere sul progetto di stadio della Roma che veniva diversamente interpretato: c’era chi lo giudicava un nulla-osta per il piano di James Pallotta e di Luca Parnasi, chi invece ne metteva in risalto la segnalazione delle tante criticità di quel piano.
La questione è molto delicata. E rischia di finire fra gli argomenti che gli avvocati potrebbero proporre a un Tar chiedendo l’annullamento del vincolo. E proprio sull’armonizzazione della procedura sembra sia ora impegnato Prosperetti. Ma in che modo l’eventuale vincolo potrà ostacolare i piani della Roma? Questo è un altro capitolo ancora. Un’ipotesi è che, se dovesse essere confermato anche nella conferenza dei servizi (dove, a causa delle modifiche imposte dalla legge Madia, la posizione della Soprintendenza sarà rappresentata, con tutte quelle di competenza dello Stato, dal dirigente di un altro ufficio), il vincolo potrebbe costringere a una nuova modifica del progetto dello stadio. Ma non al suo annullamento.