In viaggio con papà. La trasferta di Verona tra risate, sfottò e piccole complicazioni – È fatale che quando si raggiunge una certa età la presenza in trasferta sia meno frequente, ma mia figlia mi ha fatto una testa così che voleva andare a Verona e quindi ho ceduto, portando anche mio figlio di nove anni e mio nipote. E quindi siamo partiti tutti insieme con il treno che ci portava direttamente in mattinata alla stazione di Verona, peraltro vicinissima allo stadio. Che le cose siano cambiate, rispetto al passato, è dimostrato proprio da questa circostanza. Verona con l’Hellas è sempre stata una partita molto sentita più dal punto di vista delle tifoserie che non della rivalità sportiva. Il perché è presto spiegato: la tifoseria veronese – nel controverso mondo del tifo ultras – ha una reputazione che fa sì che vengano ritenuti più che degni di considerazione, come anche per la tifoseria dell’Atalanta. Squadre minori sì, ma con tifosi di un certo tipo. Dal punto di vista sportivo, invece, molto raramente è stato un confronto equilibrato.
Debbo fare principalmente due considerazioni. Forse è arrivato il momento di riconsiderare la introduzione di treni speciali, o forse di far sì che alcune carrozze vengano dedicate solo ai tifosi in trasferta. Per carità, nel viaggio di andata sono morto dalle risate, dall’inizio alla fine: un gruppo di ragazzi ed ex ragazzi che si conoscono da anni che, ovviamente, fanno baldoria. La frase più divertente è stata quella rivolta a un paio di fanciulle capitate proprio su quel vagone: «Venite con noi a Verona? Andiamo ANCHE alla partita». Frase geniale e di un humour sottilissimo, perché in realtà tutti quelli che stavano lì si erano alzati alle sei SOLO per andare alla partita. Detto ciò, la suora che ha resistito fino all’ultimo per poi abbandonare il suo posto dopo la lettura del Vangelo secondo Falcao e un “Forza Roma” sulle note di Alleluja, probabilmente avrebbe preferito un viaggio più tranquillo per leggere i librettini di chiesa che si era portata. Non è stato possibile e noi senz’altro ci siamo divertiti, ma non so quanto gli altri viaggiatori. Una volta arrivati a destinazione ci si dimentica di tutto, però forse l’organizzazione dovrebbe essere un po’ rivista.
Come senz’altro devono essere riviste le modalità con cui le forze dell’ordine ci hanno fatto prendere il treno di ritorno. Il trasporto con gli autobus è stato regolare, ma poi il Questore ha dato disposizione di creare un imbuto strettissimo con due cellulari e altre vetture per far sì che solo una persona alla volta potesse passare e ciò per impedire che qualcuno senza biglietto potesse accedere in Stazione. Ora, io non dico che non sia corretto lo scopo prefissato, dico che – come al solito – è sbagliato il modo con cui si cerca di ottenere quel risultato. La creazione di un imbuto del genere ha fatto salire la tensione, perché la stragrande maggioranza dei tifosi romanisti avevano pagato – e salato – il biglietto di quel treno ed avevano il sacrosanto diritto di essere trattati come tutti gli altri viaggiatori e non essere stipati come sardine in condizioni vergognose. Oltretutto non avevano minimamente considerato l’ipotesi che vi potessero essere dei bambini e degli adolescenti. Non appena mi sono rifiutato di portare i miei figli e mio nipote in quella calca umana e ho cercato un diversivo, subito gli agenti antisommossa si sono schierati con gli scudi e con le telecamere, come se fosse stato commesso chissà quale crimine. Naturalmente, vedendo chi avevano di fronte (un bambino con uno zuccotto giallorosso che si è ovviamente spaventato e che se lo è tirato giù sul viso) alla fine la cosa si è risolta ma – ci si chiede – è davvero così difficile predisporre una organizzazione da Paese civile?